31.10.12

Dal mais ai pop-corn ... una scoppiettante trasformazione!!!
 
Questa sera dovrebbe essere una serata divertente per i più piccoli , la festa di Halloween, che purtroppo dalle mie parti è rovinata da un'incessante pioggia..
Pensando ai piccolini tutti tristi per non poter fare il loro tradizionale "dolcetto o scherzetto" di porta in porta, ho pensato a come poter rimediare per sorprenderli...
Per la mia piccola cuginetta ho organizzato la serata a base di pop-corn, cartoni animati e giochi in compagnia.
Nel pomeriggio sono passata al supermercato non per acquistare semplici sacchetti di pop-corn preconfezionati ,ma ad acquistare le scatoline di mais per prepararli al momento.
Vi farò sapere se Sofia avrà gradito la sorpresa, io non vedo l'ora di vedere la sua reazione agli scoppiettii !!!!!
Giulia
 
 

23.10.12



Verdure ad Halloween !!!!
 
 
I bambini faticano a mangiare le verdure?? Quale miglior occasione per proporle alla festa di Halloween sotto forma di una divertente zucca disegnata??!!!
Prepararla è semplicissimo, basta tagliare a bastoncini la zucca e cuocerla a vapore, decorarla con broccoli, cetrioli a rondelle e ciotoline di formaggio fresco.
Disponete il tutto a forma di simpatica zucca a tema.
Fatevi aiutare dai bambini a tagliare le verdure e poi preparategli la sorpresa.
Non mi rimane che augurarvi buon appetito  e buon divertimento!! :)
Giulia
 


21.10.12

Alimentazione per i bambini; dolce si, zuccherato no.
 
Ormai è noto, la pratica di bagnare il ciuccio nel miele per calmare i più nervosetti non solo è inutile, ma anche dannosa. Non tutti sanno, però, che tanti dolci stratagemmi quotidiani possono essere altrettanto pericolosi per la salute dei bambini. A dare nuove notizie in merito è stato il congresso dell’America College of Gastroenterology: neppure il fruttosio è innocuo come si pensa. Gli studiosi americani mettono in relazione il consumo di questo zucchero con il mal di pancia, soprattutto nei bambini più piccoli. l problema è anche più ampio: in linea di massima, e su questo sono d’accordo anche gli esperti italiani, è bene abituare i bimbi fin da piccoli ad avere un corretto rapporto con lo zucchero per prevenire l’obesità infantile e altri disturbi.
Il fruttosio è un carboidrato (zucchero) che si trova naturalmente nella frutta e nel miele. È contenuto in numerosi alimenti lavorati, come i succhi di frutta concentrati e i dolci industriali. Ha un potere dolcificante maggiore dello zucchero classico (saccarosio), ma ha un basso indice glicemico. Ciò significa che non fa impennare i livelli di zucchero nel sangue e non costringe l’organismo a immettere forti concentrazioni di insulina, riducendo così il rischio di diabete. L’uso massiccio, però, però causare problemi a livello renale e metabolico, così comune, nei bambini, un mal di pancia in apparenza inspiegabile e innocuo.


Le abitudine da adottare con i più piccoliBastano poche regole per evitare spiacevoli conseguenze. Innanzitutto, non bisognerebbe aggiungere lo zucchero ad alimenti di per sé dolci (come il latte e la frutta); non dare zucchero e miele al di sotto dell’anno di età, evitare di coccolare il bambino con caramelle e dolcetti. Sono tutti piccoli espedienti che diventano passi importanti per seguire una corretta alimentazione anche da adulti. Sorbitolo, xilitolo e maltitolo (sostanze naturali dall’effetto dolcificante) sono usati spesso in alternativa allo zucchero perché meno calorici, ma non sono indispensabili e non vanno dati ai bambini sotto i tre anni. Per tenere sotto controllo le calorie ingerite, infatti, è meglio modificare la propria dieta e aumentare l’attività fisica.
Alcuni pediatri ritengono che non ci sia di introdurre zucchero nella dieta del bambino, è più importante abituarlo da piccolo al sapore naturale dei cibi: non c’è alcuna necessità di aggiungere zucchero al latte del mattino o alla frutta di metà pomeriggio. Anche l’abitudine di sciogliere i biscotti nel biberon potrebbe facilmente e giustamente abbandonata non appena il bambino è in grado di masticare. Dargli in mano un biscotto, oltretutto, è più soddisfacente anche per lui.
Il miele va introdotto nell’alimentazione dopo l’anno di vita del bambino, ma va usato poco, il minimo indispensabile, magari spalmato su una fetta biscottata o sul pane. Per le altre preparazioni casalinghe, le torte soprattutto, si potrebbe ricorrere a uno stratagemma, usando la frutta matura al punto giusto e, quindi, molto dolce, oppure azzardare e proporre al bimbo una torta alle carote. Per quanto riguarda i vari tipi di zucchero, infine, quello bianco e quello di canna non comportano alcuna differenza a livello di salute per il bambino.
Per i bambini è dunque consigliato limitare i cucchiaini di marmellata, miele e creme dolci spalmate sul pane e sulle fette biscottate. Abituare i bambini a lavarsi i denti subito dopo aver mangiato, soprattutto se si tratta di cibo dolce (quindi anche dopo le caramelle gommose). Ridurre l’uso delle bevande dolci e gasate (vale anche per le bibite light). Non tenere in dispensa grandi scorte di dolci.
Castagna, una miniera di sostanze benefiche
La castagna è, tra i frutti autunnali, quello che contiene la maggiore quantità di vitamine B2 e PP (fondamentali per la salute dei tessuti), una buona percentuale di fibre e potassio e, soprattutto, tanti carboidrati complessi (sotto forma di amido) che la rendono un’importante fonte di energia per l’intero organismo. Gli amidi della castagna vengono assorbiti lentamente, mantenendo stabile il livello della glicemia ed evitando l’accumulo di grasso: per questo le castagne sono un eccellente rimedio anti stanchezza ideale ad esempio per bambini e ragazzi particolarmente dinamici o che svolgono attività sportiva. Tuttavia, proprio per l’alta percentuale di carboidrati, le castagne sono anche caloriche e il loro contenuto energetico varia in base al tipo di cottura: 100 grammi di castagne lessate forniscono 120 calorie, che diventano 193 nel caso delle caldarroste e 343 l’etto nel caso della farina di castagne, da usare dunque con parsimonia.
È poi essenziale che le castagne siano sempre ben cotte (crude, infatti, possono provocare problemi quali gastrite, colite, gonfiore addominale) e devono essere ben masticate per facilitare il compito degli enzimi digestivi. Per questo motivo, i bambini dovrebbero attendere fino ai 12 mesi di età prima di introdurre nella dieta questo frutto.
Frutti divertenti agli occhi dei bambini. possiamo coinvolgerli nella raccolta e/o manipolazione, per poi presentargliele ben cotte nel piattino pronte da gustare a merenda!!! Buon appetito! :)

19.10.12

Il bambino a tavola: "le buone maniere"

Il galateo, come la buona educazione in generale, è una delle innumerevoli lezioni che i bambini apprendono sul campo, osservando noi adulti e riproducendo il nostro comportamento.
Insegnare le buone maniere non ha a che fare solo con il galateo, ma è un concetto che può essere inteso secondo un’accezione ben più ampia.
I buoni comportamenti consistono anche nel rispettare il cibo e l’acqua senza sprecarli, ricordandosi che sono risorse preziose e purtroppo non equamente distribuite. Perciò se qualcuno come noi è fortunato da potersene permettere in abbondanza, al punto di sprecarli, qualcun altro non ne ha a sufficienza per sopravvivere.
Tornando al galateo inteso in senso stretto, oltre alle regole generali, secondo cui ruttini, puzzette, sputi, giochi con il cibo e gargarismi con l’acqua a tavola non si fanno, che con la bocca piena non si parla, e che ci si alza solo dopo aver ultimato di mangiare, i bambini dovranno rendersi conto che si deve rispettare e non invadere lo spazio altrui, con gomiti, gambe e braccia.
Insegnare come comportarsi quando si deve starnutire o tossire a tavola, a non interrompere gli altri mentre stanno parlando, a non strisciare rumorosamente le sedie, ad aiutare a preparare e sparecchiare la tavola, e a ripulire dopo gli spuntini, è imprescindibile: tutto ciò fa parte delle regole da conoscere a partire da una certa età.
Quale sia questa età, lo potremo stabilire solo noi genitori mediando tra le nostre aspettative e le oggettive capacità e il livello di maturità dei nostri bambini.
Teniamo tuttavia presente che in genere i bambini già al momento in cui entrano nelle prime forme di comunità infantili (asili) imparano alcune regole di socializzazione che includono certi tipi di comportamento a tavola.
Comportamenti che solitamente non hanno alcun problema ad osservare all’asilo. Le difficoltà maggiori di solito si incontrano a casa, spesso tra lo stupore dei genitori disorientati da tanta contraddittorietà.
Dovremmo insegnare ai nostri piccoli ad esercitarsi (ancora una volta la nostra attenta osservazione ci sarà utile per capire quando il momento sarà quello giusto) a versarsi da bere nel bicchiere, mettendo a loro disposizione una piccola caraffa , il che significa accettare gli inevitabili incidenti in cui incorreranno, a servirsi da soli dai piatti da portata senza versare il cibo, e a mettere da soli nel proprio piatto la giusta quantità di pietanza che si presume siano in grado di ultimare, lasciandone a sufficienza per tutti. Se ne avanzerà, e ne gradiranno ancora, potranno prenderne una seconda porzione.
Per quanto riguarda invece l’uso delle posate, anch’esso dovrà essere appreso nel tempo e con la pratica.
Non aspettiamoci che i tempi siano brevi, i bambini possono impiegare anche diversi mesi prima di acquisire le abilità necessarie per impugnare nel modo corretto le posate, e usare il coltello con una certa destrezza.
Invitiamo i fratelli più grandi a prendersi cura dei più piccoli, aiutandoli se questi ultimi si trovano in difficoltà.
I bambini impareranno così a coltivare il senso della collaborazione, ma anche quelli della gratitudine e riconoscenza.
E’ desiderio di tutti che il pasto sia un momento piacevole e sereno, durante il quale a tavola la famiglia si riunisce per parlare (senza strillare o interrompere gli altri), discutere e condividere.
Cerchiamo allora, noi genitori per primi, di creare un’atmosfera serena e affettuosa, anche se a volte può essere difficile, e a comportaci con garbo anche al momento dei pasti, usando sempre le parole "grazie" e "prego", e chiedendo scusa se necessario, perché è a noi che i bambini guarderanno, e il migliore esempio che possiamo dare loro è la nostra coerenza.
Cerchiamo di ricordare che sono i genitori i responsabili dell’atmosfera che regna a tavola, e più in generale in casa e in famiglia, e che il momento dei pasti è senz’altro il meno opportuno per dare lezioni sotto forma di prediche.
In questo contesto devono regnare il più possibile la serenità e la pace: i pasti sono un momento per stare insieme.
Se dobbiamo discutere di qualcosa di sgradevole, troviamo altre occasioni per farlo.
Le lezioni sotto forma di sermoni non vanno date a tavola perché guastano l’atmosfera, il piacere del cibo e la compagnia. La cucina dev’essere il luogo da cui si irradiano positività ed energia.
Un tema scottante è quello del televisore in cucina, a prescindere dai contenuti dei programmi disponibili.
In primo luogo perché se parla la televisione staranno zitti tutti gli altri, e se il momento dei pasti, o del pasto (spesso quello serale è il solo consumato tutti assieme) è l’unico della giornata in cui la famiglia si trova riunita, non ci saranno altre occasioni di dialogo e confronto.
E’ indiscutibile l’irresistibile effetto ipnotico che la televisione esercita: in particolare riesce a catalizzare con estrema facilità l’attenzione e l’interesse dei bambini, che di fronte ad essa sono inermi e soggetti completamente passivi, docili ed affatto rumorosi. Ma quando è accesa la televisione si spegne il cervello.
La tv inoltre è fonte di conflitti e impedisce di entrare in contatto gli uni con gli altri, precludendo la comunicazione tra i commensali. La televisione tra l’altro, nei primi anni di vita, non svolge alcuna funzione didattica né pedagogica, non insegna nulla ai bambini che imparano invece dall’interazione con gli adulti.
Per la stesse ragioni anche libri e riviste sono banditi dalla tavola; via libera, invece, ad un gradevole sottofondo musicale e, nelle occasioni speciali, alle candele, o a un fiore al centro del tavolo.

Il "cibo spazzatura" abbassa il Qi dei bimbi

 
I piccoli nutriti con alimenti da fast food hanno punteggi più bassi nei test rispetto ai coetanei che mangiano cibi sani. E sulle scelte dietetiche incide la condizione socio economica.
 
Hamburger, patatine fritte ma anche pasti precotti e poco genuini incidono sul cervello dei più piccoli. Secondo uno studio condotto dalla Goldsmiths della University of London, i bambini che mangiano il cibo dei fast food crescono con un quoziente intellettivo più basso rispetto a coloro che mangiano cibi freschi e appena cucinati . La nutrizione infantile ha effetti di lunga durata sul quoziente intellettivo. Lo studio ha esaminato se il tipo di pasto principale che i bambini mangiavano ogni giorno potesse avere un impatto sulla loro abilità e crescita cognitiva.

La ricerca

Lo studio è stato effettuato su 4 mila bambini scozzesi dai tre a i cinque anni. Oggetto del paragone, il cibo da fast food e i pasti realizzati con prodotti freschi e cucinati al momento.
I risultati hanno rivelato che i genitori con i più alti livelli socio economici hanno riportato di dare ai loro bambini cibi preparati con ingredienti freschi più spesso. Questi alimenti hanno influenzato positivamente il QI dei bambini.
Ai livelli più bassi della stratificazione socio economica è collegata una maggiore incidenza di bambini nutriti con cibi da fast food: questo fattore ha portato i bambini a sviluppare un'intelligenza più bassa.
Sophie von Stumm del Dipartimento di psicologia della Goldsmiths ha detto: "E' noto che il tipo di cibo che mangiamo influenzi lo sviluppo del cervello, ma le ricerche precedenti avevano osservato solo gli effetti di specifici gruppi di alimenti sul quoziente intellettivo piuttosto che un generico tipo di pasto".
La dottoressa von Stumm afferma che le sue scoperte hanno posto in evidenza che le differenze tra i pasti dei bambini sono anche un problema sociale: "Le madri e i padri che provengono da background meno privilegiati spesso hanno meno tempo di preparare pasti freschi appena cotti per i propri figli. Questi bambini totalizzano punteggi più bassi nei test d'intelligenza e spesso hanno difficoltà a scuola".

 

17.10.12

Se il bambino è già grassottello..

Quando i chili di troppo sono già evidenti occorre adottare ulteriori misure. Per correre ai ripari il Ministero della Salute ha elaborato delle Linee guida per la diagnosi e il trattamento dell’obesità infantile dirette agli esperti del settore. Il pediatra e il dietologo sono infatti le figure più indicate a predisporre un intervento mirato, ma sono i genitori ad avere il ruolo più importante. La consapevolezza del danno che l’obesità può arrecare alla salute del proprio figlio deve, infatti, far riflettere i genitori e portarli ad sradicare comportamenti alimentari e abitudini scorrette consolidate nel tempo. Può essere un compito arduo, ma non impossibile. Occorre puntare sul coinvolgimento e non sui divieti, cercando di non colpevolizzare il piccolo se qualche volta cede alle tentazioni e non fare del peso un’ossessione.
Possono essere utili a riguardo alcuni semplici consigli:

  • Innanzitutto svuotare cucina e frigorifero dai cibi tentatori (patatine, merendine, cioccolata, succhi di frutta) e sostituirli con gli alimenti giusti (acqua, tè, frutta, fette biscottate, yogurt).
  • Fare del pasto un momento di pausa per stare insieme e parlare (quando si guarda la televisione non ci si accorge di quanto e di cosa si mangia).
  • Evitare che il bambino mangi troppo in fretta; così facendo, non si sazia mai e dopo una merendina ne chiede subito un’altra.
  • Preferire i cibi fatti in casa ai prodotti confezionati; si calcolano meglio i condimenti e si scelgono le materie prime da utilizzare.
  • Eliminare i piatti più elaborati sostituendoli con altri cucinati in modo semplice, senza troppi condimenti; abituare il piccolo ad assumere quotidianamente una quantità discreta di verdure cotte o crude, più ricche di fibre, che riempiono lo stomaco e rallentano l’assimilazione delle sostanze introdotte.
  • Moderare le quantità.
  • Non associare il cibo all’idea di qualcosa di “speciale”, né usarlo come premio.
  • Ridurre il tempo dedicato alla televisione/computer a favore di attività più dinamiche.
  • Spronare il bambino a camminare e a fare le scale, piuttosto che prendere l’ascensore.
  • Favorire una regolare attività sportiva cercando di assecondare le preferenze del bambino e la sua sensibilità (dalla passeggiata in bici alla partita di calcio, dal nuoto in piscina alla ginnastica in palestra).
  • Sottoporre regolarmente il bambino a visite pediatriche di controllo.
Dare il buon esempio è senz'altro il metodo migliore per intervenire sulle problematiche infantili.
Dedicare loro ascolto e attenzioni è di estrema importanza quindi non abbandonateli a tv e videogiochi, o vi ritroverete a non riconoscere nemmeno più i vostri figli!
Al prossimo post ....
Giulia

14.10.12

Che cosa è l'obesità infantile?


L'obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale. Il fenomeno, denunciato a gran voce dai più autorevoli nutrizionisti (in Italia colpisce un bambino su quattro) è il risultato di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo; in pratica si introducono più calorie di quante se ne consumano.
La definizione di sovrappeso/obesità nel bambino è più complessa rispetto all’adulto, il cui peso ideale è calcolato in base al BMI (Body Mass Index o Indice di Massa Corporea = peso in Kg diviso l'altezza in metri, al quadrato).
In attesa di trovare dei parametri di riferimento più adeguati, il BMI è stato proposto anche per i più piccoli. Pertanto si definisce obeso un bambino il cui peso supera del 20% quello ideale; in soprappeso se supera del 10-20%, oppure quando il suo BMI è maggiore del previsto.
La crescita ponderale del bambino si calcola facendo riferimento alle tabelle dei percentili, grafici che riuniscono i valori percentuali di peso e altezza dei bambini, distinti per sesso ed età. La crescita è nella norma se si pone intorno al 50° percentile. Più si supera il valore medio più aumenta il rischio obesità.
Ci sono mamme che passano ore in palestra, praticano jogging, bilanciano le calorie della propria dieta in maniera eccessiva, ricorrono in casi estremi alla chirurgia plastica per eliminare accumuli di grasso e cellulite, ma paradossalmente non si accorgono dei chili di troppo dei loro figli: è sufficiente questa valutazione per decidere di affrontare il problema.


Principali fattori di rischio
L’obesità infantile ha una genesi multifattoriale, essendo il risultato di diverse cause più o meno evidenti che interagiscono tra loro; in primo luogo una eccessiva/cattiva alimentazione, legata o meno ad una ridotta attività fisica e a fattori di tipo genetico/familiare; rari i casi di obesità legati ad alterazioni ormonali quali ipotiroidismo o disfunzioni surrenali.
Spesso ci preoccupiamo quando il bambino mangia poco, raramente quando mangia troppo. Se è vero che una dieta insufficiente può portare a deficit di vario tipo (proteine, calcio, ferro, vitamine ed altri nutrienti essenziali alla crescita), di contro, un introito calorico eccessivo determina, dapprima un sovrappeso del bambino e poi, nella maggioranza dei casi, una manifesta obesità.
Non dobbiamo dimenticare che un’iperalimentazione nei primi due anni di vita oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose (ipertrofia), determina anche un aumento del loro numero (iperplasia); da adulti, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all'obesità ed una difficoltà a scendere di peso o a mantenerlo nei limiti, perché sarà possibile ridurre le dimensioni delle cellule, ma non sarà possibile eliminarle. Intervenire durante l'età evolutiva è, quindi, di fondamentale importanza, perché ci dà la garanzia di risultati migliori e duraturi.
I genitori dovrebbero essere i primi ad accorgersi dell’eccessivo aumento ponderale del bambino e mettere al corrente il pediatra, la persona più indicata in questi casi. Spesso però il forte appetito, che a volte si traduce in una vera e propria voracità, viene interpretato come un segnale di benessere e si tende ad incentivarlo più che a limitarlo, con l’illusione che gli evidenti chili di troppo possano scomparire con lo sviluppo. Il bambino cicciottello, poi, ispira più simpatia di uno magro, che anzi, tende a preoccupare il genitore.
Oltre a mangiare troppo, però, il bambino mangia in maniera sregolata, spesso e male. Le tentazioni sono davvero tante, il frigorifero di casa è sempre stracolmo di merendine e snack, i distributori automatici delle scuole invitano a spuntini fuori pasto, costituiti da prodotti industriali ricchi di calorie e grassi nascosti. Le bevande gassate, infine, eccessivamente zuccherine, risultano essere un piacere insostituibile, da preferire all’acqua, specie d’estate, dopo una sudata, o in occasione delle “feste” con gli amichetti.

Oltre all’alimentazione scorretta e squilibrata, non dobbiamo sottovalutare, come fattore di rischio, la ridotta attività fisica o la sedentarietà, frutto di uno stile di vita sbagliato, ma sempre di più frequente riscontro.
I piccoli, infatti, sono spesso accompagnati in macchina dai genitori, anche se la scuola o la palestra distano pochi metri da casa, prendono l’ascensore anche per un solo piano, passano ore ed ore davanti al computer e alla televisione (con gli esempi negativi che accentuano le cattive abitudini alimentari), escono sempre meno e così via.
L’esercizio fisico è di fondamentale importanza per il bambino che cresce, in quanto, oltre a farlo dimagrire, lo rende più attivo, contribuendo a ridistribuire le proporzioni tra massa magra (tessuto muscolare) e massa grassa (tessuto adiposo). E’ sufficiente praticare un’attività aerobica leggera, senza affaticare troppo l’organismo, come una pedalata in bici o una camminata, che sottopongono i muscoli ad uno sforzo moderato ma costante e attingono carburante soprattutto dal serbatoio dei grassi; così dimagrire diventa più facile.

I fattori familiari non sono meno determinanti dei precedenti. L’obesità, sotto certi aspetti, può considerarsi un problema di natura ereditaria e, sotto altri, una conseguenza di fattori ambientali.
Un’indagine multiscopo realizzata dall’ISTAT nel 2000 dimostra che circa il 25% dei bambini ed adolescenti in sovrappeso ha un genitore obeso o in sovrappeso, mentre la percentuale dei bambini sale a circa il 34% quando sono obesi o in sovrappeso entrambi i genitori.
L'esempio della famiglia è fondamentale: non si può parlare di educazione alimentare se i genitori non iniziano per primi a seguire una dieta equilibrata; allo stesso modo non è pensabile che il piccolo sia l'unica persona della famiglia a mangiare un contorno di insalata quando tutti gli altri preferiscono le patate al forno.
Per quanto riguarda la natura ereditaria dell’obesità sono state evidenziate alterazioni di alcuni geni aventi un ruolo nella produzione delle cellule adipose, ma gli studi sono tutt’ora in corso.

Tra le conseguenze precoci le più frequenti sono rappresentate da problemi di tipo respiratorio (affaticabilità, apnea notturna), di tipo articolare, dovute al carico meccanico (varismo/valgismo degli arti inferiori, ossia gambe ad arco o ad “X”, dolori articolari, mobilità ridotta, piedi piatti), disturbi dell'apparato digerente, disturbi di carattere psicologico: i bambini grassottelli possono sentirsi a disagio e vergognarsi, fino ad arrivare ad un vero rifiuto del proprio aspetto fisico; spesso sono bambini derisi, vittime di scherzi da parte dei coetanei e a rischio di perdere l’autostima e sviluppare un senso di insicurezza, che li può portare all'isolamento: escono meno di casa, stanno più tempo davanti alla televisione, instaurando un circolo vizioso che li porta ad una iperalimentazione reattiva.
Per quanto riguarda le conseguenze tardive, occorre sottolineare che l’obesità infantile rappresenta un fattore predittivo di obesità nell’età adulta. Oltre ad avere una maggiore predisposizione al sovrappeso/obesità, la persona che è stata cicciottella da piccola, risulta maggiormente esposta a determinate patologie, soprattutto di natura cardiocircolatoria (ipertensione arteriosa, coronaropatie), muscoloscheletrica (insorgenza precoce di artrosi dovuta all’aumento delle sollecitazioni statico-dinamiche sulle articolazioni della colonna e degli arti inferiori, più soggette al carico), conseguenze di tipo metabolico (diabete mellito, ipercolesterolemia ecc), disturbi alimentari, fino allo sviluppo di tumori del tratto gastroenterico.
Da non sottovalutare le conseguenze di tipo psicologico, che possono trascinarsi ed amplificarsi negli anni. Il disturbo può arrivare a stravolgere la vita del soggetto e i suoi rapporti sociali: si comincia col rifiutare gli inviti degli amici fino a chiudersi in se stessi, vittime del proprio problema, che sembra senza via di uscita.

La “cultura della corretta alimentazione” s’impara da bambini

I bambini mangiano troppo e male.
Quindici ragazzi su 100, in un’età critica come quella tra i 6 e i 14 anni, sono obesi. Purtroppo, non si tratta di semplice sovrappeso: in alcuni casi, ci troviamo di fronte a bambini francamente obesi. Non solo, il 30% dei bambini obesi già soffre di malattie che un tempo colpivano solo gli adulti come l’ipertensione e il colesterolo alto.

I bambini e gli adolescenti, quindi, non vanno lasciati liberi di mangiare come e quanto vogliono perché possono incorrere in errori dannosi per la loro salute anche in futuro. Per questo motivo, è fondamentale, nel caso dell’obesità infantile, il ruolo che svolgono i genitori nell’educazione e nelle abitudini alimentari, ed è opportuno che il ragazzo stesso maturi una propria coscienza su ciò che fa bene o male alla sua salute e impari a distinguere comportamenti corretti in tema di alimentazione.
Sicuramente è difficile far amare frutta e verdura ai bambini, convincerli a dosare i dolci e i grassi, invogliarli ad apprezzare la varietà dei cibi ed abituarli a non eccedere nelle quantità, ma è uno sforzo necessario per insegnare loro a non compromettere la propria salute.


Scopo delle campagne di informazione del Ministero della salute nelle scuole rivolte ai ragazzi è proprio questo: senza ossessionare o punire e senza penalizzare la gola, bisogna aiutarli a capire che cosa è meglio mangiare ed indirizzarli verso un rapporto sano ed equilibrato con il cibo. Non solo, insegnare ai ragazzi a nutrirsi significa anche educarli a volersi bene a cominciare dal rispetto per il proprio corpo. Non è un percorso facile quello che il Ministero, insieme ad altre istituzioni, si accingono a compiere in quanto, la comunicazione istituzionale di promozione di comportamenti alimentari corretti si scontra con l’affollamento schiacciante di messaggi pubblicitari indirizzati ai giovani e alle loro famiglie promossi dalla comunicazione commerciale. In particolare, i consumi dei ragazzi fuori casa sono disordinati perché fortemente influenzati dalle suggestioni pubblicitarie e condizionati dalle mode del gruppo dei coetanei.
Tuttavia, si tratta di un intervento necessario soprattutto alla luce dei dati emersi dalla recenti ricerche sulla popolazione. Le indagini ISTAT sulle “Abitudini alimentari:tendenze evolutive nella popolazione e nei giovani” consentono di esaminare le tendenze del comportamento alimentare degli italiani, giovani in particolare, dal 1993 al 2000.
I giovanissimi, delineati dall’indagine, sono coloro che mostrano le tendenze evolutive meno “salutari” rispetto al resto della popolazione esaminata.
Dai dati raccolti, in generale, si evidenziano la diminuzione dei consumatori e la rarefazione delle frequenze di consumo per certi prodotti (carni avicole, vegetali e frutta). Alcune di queste tendenze vanno in senso contrario rispetto alle attuali indicazioni dietetiche che suggeriscono almeno 5 porzioni quotidiane di verdura e frutta e la scelta di “carni bianche” rispetto a quelle “rosse”.
Si registrano, invece, alcune polarizzazioni, cioè intensificazioni delle frequenze di consumo, su prodotti per i quali piuttosto se ne suggerisce un uso più contenuto (carne bovina e alcolici fuori pasto).
Aumenta il numero dei consumatori e diminuiscono le frequenze di consumo per i cereali, i latticini, i salumi e alcune bevande alcoliche tra cui il vino. In crescita troviamo la carne fresca di maiale, pesce, uova e il consumo di bevande gassate e dolci, oltre all’acqua minerale.
Tra i giovani, gli adolescenti di 14-17 anni mostrano tendenze negative riguardo al consumo di cereali, di frutta e di vegetali, mentre in aumento è la tendenza all’uso di bevande alcoliche. Altissima è la preferenza per i prodotti fuori pasto e i soft drinks.

Diffondere la cultura della corretta alimentazione non è, comunque, l’unico provvedimento utile per prevenire l’obesità infantile.
Parallelamente, occorre avvicinare i ragazzi all’attività fisica in quanto lo sport praticato regolarmente non solo permette di tonificare la massa muscolare ed esercita un effetto positivo sull’umore e sui livelli di autostima, ma aiuta anche a contrastare l’obesità e, più in generale, svolge un ruolo protettivo per la salute. Infatti, i bambini e gli adolescenti che non praticano alcuna attività fisica hanno una probabilità maggiore di sviluppare un eccesso ponderale.

La "cultura della corretta alimentazione" inizia dalla mamma

La consapevolezza dei danni alla salute causati da cattive abitudini alimentari nell’infanzia deve iniziare dalla famiglia.
Le indagini epidemiologiche dimostrano che molti bambini già in età prescolare e scolare incorrono in errori nutrizionali qualitativi e quantitativi che certamente non dipendono dalla loro volontà.
I comportamenti alimentari del bambino sono, infatti, decisamente influenzati dal modello culturale che caratterizza il suo contesto socio-familiare, in modo particolare dallo stile di vita, dalle abitudini alimentari, dal personale rapporto con il cibo che ha la mamma e da come vive il suo ruolo di “nutrice”:

  • Uno stile femminile colto e attivo, ad esempio, solitamente tipico di donne che hanno una vita extradomestica impegnativa e debbono investire e organizzare al meglio il loro tempo a casa, è spesso collegato ad un approccio attento e controllato nei confronti dell’alimentazione, frequentemente inserito in un progetto complessivo di benessere e forma fisica.
  • Uno stile femminile conservatore è quello, invece, delle tradizionali “madri di famiglia”.
    La preparazione dei pasti è vissuta come un preciso dovere ed un modo attraverso il quale esprimere l’amore e l’impegno nei confronti della famiglia.
    L’approccio all’alimentazione di questo tipo di donna è semplice e diretto, lontano da preoccupazioni salutistiche: il cibo è nutrimento, nella scelta e preparazione è meglio seguire la tradizione ed è importante far trovare ai familiari un pasto completo, abbondante e di loro gradimento a pranzo e cena.
  • Differente dai precedenti lo stile “giovanile”: l’alimentazione è una sfera dominata dal piacere, predomina lo sperimentalismo per cibi nuovi e insoliti consumati spesso al di fuori dell’orario canonico dei pasti, in modo disordinato e affrettato. Le scelte risentono delle suggestioni della pubblicità e del gusto di esplorare condiviso, di solito, con il gruppo degli amici.
Le scelte di mamme così diverse si riflettono, naturalmente, in quello che decidono di mettere a tavola per sé e per i propri figli.
La figura della madre come “responsabile acquisti”, quella cioè che decide cosa deve mangiare la famiglia, è, dunque, molto importante.


È necessario, quindi, con un’ informazione adeguata e attraverso strumenti di comunicazione efficaci, accrescere nelle madri la consapevolezza dei rischi che errate abitudini alimentari comportano per la salute, anche futura, dei figli, aiutandole a scegliere percorsi più salutari: strumenti di prevenzione, questi, sufficienti ad evitare l’insorgere già dall’infanzia di patologie gravi come l’obesità.

Oggi pizza!!!

Quando si parla di pizza i bambini non dicono mai di no, è un alimento molto apprezzato da grandi e piccini, e se preparato in casa è sia sano che divertente.
 
La margherità ha ottimi valori nutrizionali in quanto composta da carboidrati, proteine e vitamine si configura come alimento completo ed equilibrato adatto ad ogni età.
Ottima a pranzo, carica i nostri bimbi di energia.
La preparazione è molto semplice e i bambini sono sempre entusiasti di aiutarci a prepararla, perchè non solo assistono alla trasformazione della pasta attraverso la lievitazione, ma toccano e ne sentono la morbida consistenza manipolandone la pasta che si trasforma nel piatto in gustosa croccantezza.
Tutto ciò che si trasforma agli occhi dei bambini si fa interessante e divertente, ciò diviene spunto per ascoltare e spiegare ai nostri piccoli piccoli trucchi e segreti sempre nuovi.
Ricordiamo che i bambini non sono mai sazi di sapere ed attenzioni.

9.10.12

Mangiare da solo: quando e come?

Insegnare ad un bambino a mangiare da solo è un impresa lunga e complessa che richiede stimoli e pazienza. Il bambino a tavola ne fa di tutti i colori: è normale, però piano piano bisogna aiutare il bambino ad imparare ad usare le posate per mangiare.
Molti genitori quando il loro bambino inizia a star seduto sul seggiolone e ad interessarsi alla manipolazione del cibo e agli oggetti ad esso collegati, si interrogano sul dubbio se esista o no un'età ideale in cui si debba o possa insegnare ad un bimbo a mangiare da solo.
Come per molte altre attività,
vedi il camminare, molto dipende dai segnali che il bimbo stesso dà: è molto curioso nei confronti del cibo o lo accetta passivamente? Riesce ad afferrare bene le posate o i pezzetti piccoli di cibo usando ad esempio due dita a mo' di pinza?
Se si nota che il bambino desidera fare dei tentativi si può preparare del cibo che lui ama e proporlo in un piatto in piccoli pezzi, sistemando il piatto sul seggiolone, in un momento in cui il bimbo ha fame.
 

Svezzamento: dai sei mesi ad un anno di età
Fin dallo svezzamento è importante permettere al bambino di conoscere il cibo, sia assaggiandone molte varietà a piccoli bocconcini, ma permettendogli anche di manipolare il cibo, portarselo alla bocca da solo (e inevitabilmente combinando qualche disastro, questo mettetelo in conto!). E' normale a questa età portare tutto alla bocca e fare conoscenza di ogni oggetto, che sia o meno commestibile, mediante l'olfatto e il gusto.
A un bimbo di sei mesi normalmente si permette di
esplorare gli oggetti mettendoli in bocca, anzi gli si propongono dei giochi che servono proprio a questo, allo stesso modo, e a maggior ragione, non dobbiamo vietargli di farlo col cibo, portandolo alla bocca con le mani, pasticciandolo e sporcandosi. facendo così, si farà in modo che il bambino sviluppi un buon rapporto col cibo e col proprio corpo e impari ad assaggiare di tutto.
Per quel che riguarda l'uso delle posate nei bimbi piccoli, per far loro prendere confidenza, iniziate a dargli in mano un cucchiaino e poi verso l'anno una forchettina per bambini, magari mentre lo imboccate voi con un'altra. A 9 mesi il bambino sa tenere il biberon con le mani, portarlo alla bocca e toglierlo quando ha finito. Se gli viene dato un biscotto lo succhia con piacere ma si sporca parecchio.

Dai 12 ai 18 mesi
Verso l'anno ma anche un po' più tardi se non lo vedete pronto, se il bambino è molto lento a mangiare e si distrae facilmente, potete lasciarlo fare da solo per la prima metà del pasto e imboccarlo successivamente. Fategli lodi e complimenti quando riesce a portare correttamente un boccone in bocca da solo.
Verso i 18 mesi, il bambino, specie nei confronti della mamma, vorrà far da sè affermando la sua autonomia, spesso in malo modo, non per niente questa fase viene denominata quella dei
terribili 2 anni.

Dai 18 ai 36 mesi
In questa stupenda fase (per quel che riguarda le scoperte) il bambino riconosce il proprio posto all'interno della famiglia,
ne acquisisce le regole. Continua però la ricerca dell'autonomia, infatti vi accorgerete che vorrà fare "tutto da solo"...
A due anni un bambino di solito mangia da solo, tiene il bicchiere con una sola mano e non si sporca quasi più. Ogni tanto può chiedere di essere imboccato, ma in realtà è più una coccola o una richiesta di attenzione che reale difficoltà.
Verso i due anni e mezzo inizia ad utilizzare la forchetta ed infila correttamente i bocconi in bocca.
A tre anni ormai dovrebbe stare correttamente a tavola. Se ad esempio, pur conoscendo l'uso delle posate si ostina a mangiare con le mani, cercate di togliere questa “cattiva abitudine” con gentile fermezza, altrimenti continuerà perchè è più comodo, e chissà per quanto.

Consigli finali
- La cosa indispensabile per i genitori in questa lunga fase educativa è la pazienza. Non aspettatevi le buone maniere subito, ma crescendo il piccolo vorrà imitarvi e se voi a tavola vi sapete comportare, lui farà lo stesso.

- Mettete il bambino nel seggiolone e tenetelo vicino alla tavola mentre voi mangiate: in questo modo imparerà che l’ora del pranzo o della cena è anche un’occasione per stare tutti insieme e certamente vorrà imitarvi.
- Per il bambino è più semplice mangiare se la pappa è sulla punta e se il cucchiaio non è colmo. All’inizio il piccolo farà le sue esperienze e i suoi disastri: agiterà il cucchiaio pieno, rovescerà il bicchiere, vi sputerà addosso il cibo appena messo in bocca, rovescerà il piatto... purtroppo sono gli inconvenienti del mestiere...cercate di organizzarvi per prevenire al meglio i disastri:
- coprite il tavolo con una tovaglia di plastica
- mettete al bambino un tovagliolo ampio o un vecchio grembiulino
- tenete un vecchio giornale sotto il seggiolone per raccogliere la pioggia di resisdui che andranno per terra
- ricoprire il piano di seggiolone (se di legno
, con un rivestimento in plastica facilmente lavabile).

Spero che questi approfondimenti siano stati piacevoli e magari anche utili.
Al prossimo post  :)
Giulia


8.10.12

I disturbi alimentari nei bambini

 
Da sempre le mamme si preoccupano perché i propri figli si nutrano adeguatamentBambino con il cucchiaino in boccae.
L’alimentazione, in quanto elemento osservabile e misurabile attraverso il peso corporeo e la crescita, è da sempre considerata uno dei terreni più fertili per misurare il
sano sviluppo del bambino, soprattutto nei primi anni di vita.

Questa è una delle ragioni per cui un bambino più in carne è spesso considerato più sano e più bello.
L'opinione di molti esperti attualmente è differente: ad oggi si è inclini a considerare che ogni bimbo ha il suo modo di crescere ed i suoi tempi. Catalogare età e pesi è spesso fuorviante. Il più delle volte si deve ammettere che la natura, nella sua perfezione, non sbaglia facilmente... Per un bambino più esile, ad esempio, risulterà più facile muoversi nello spazio e probabilmente camminerà prima.
Considerando che quando il peso aumenta siamo di fronte ad uno sviluppo sano ed equilibrato, lasciamo che sia il nostro pediatra a fare controlli e diagnosi, e non ci preoccupiamo prima del tempo.
Esistono comunque delle difficoltà alimentari, più o meno transitorie e di diversa entità, che sono trattabili in tempi più o meno brevi.
I Disturbi Alimentari nell'Infanzia- Lo Svezzamento
il momento del pastoPer iniziare è bene tener presente che vi sono dei momenti critici in cui l’insorgere di piccoli rifiuti da parte del bambino è favorito dalla tappa di sviluppo che sta vivendo. Uno di questo delicati momenti è quello dello svezzamento, in cui il bimbo passa dai cibi liquidi, come il latte e le tisane, a cibi più consistenti, le pappe.

Quando decidiamo, di comune accordo con il pediatra, che è arrivato il momento di fare il grande passo, è necessario prepararsi per trovare quella tranquillità e quella sicurezza di cui ha bosogno nostro figlio: l’introduzione di un cibo nuovo e di diversa consistenza può essere fonte di ansia per lui, sarà il nostro atteggiamento ad indirizzarlo e guidarlo. Nostro figlio si fida di noi, i nostri occhi sono lo specchio che usa per leggere il mondo, quando ci vedrà sereni e affatto preocupati capirà che il compito è alla sua portata, e lo affronterà al meglio.


I Disturbi Alimentari nell'Infanzia- Introdurre Nuovi Cibi

Superato il primo scoglio dello svezzamento, ci troveremo di fronte all'inserimento graduale di nuovi cibi: il bimbo si troverà a sperimentare sapori, consistenze e colori diversi.
Generalmente ci vuole del tempo perchè il piccolo accetti la nuova varietà.
Tra le problematiche alimentari più frequenti vi è quella del bambino che mangia solo alcuni cibi, a discapito della ricchezza alimentare.
Spesso caratteristiche come il colore o la forma possono influenzare la scelta; in questi casi è necessario operare per riattivare la curiosità verso nuovi sapori; possiamo variare consistenze e forme frullando, arrotolando, tagluzzando... Attenzione a non esagerare, però... Il nostro obbiettivo finale rimane sempre quello di introdurre cibi nuovi, con forma colore e consistenza naturali; quindi una volta accettato il sapore, lavoreremo sul resto...
In altri casi i bambini rifiutano il cibo mettendo in atto condotte di rinuncia, o ricorrendo al vomito.

Il Disturbo dell’Alimentazione della Prima Infanzia

Se l'alimentazione risulta davvero povera e non garantisce una crescita adeguata, si può trattare del Disturbo dell’Alimentazione della Prima Infanzia, ossia l’incapacità di mangiare adeguatamente, come manifestato dalla significativa incapacità di aumentare di peso o dalla significativa perdita di peso durante un periodo di almeno un mese.
Di fronte ad una condizione di questo tipo, è bene escludere ragioni di ordine fisiologico e dopodichè agire prontamente.
Molto spesso l’esordio del sintomo può farsi risalire ad eventi specifici occorsi nella vita del bambino, come una malattia, un trasloco o l’affidamento ad una nuova figura di accudimento...
Il rifiuto del cibo, in questi casi, potrebbe rappresentare una forma di protesta che il bambino metterebbe in atto per opporsi ad un cambiamento.
Il più delle volte il disagio rientrerà non appena il bambino avrà familiarizzato con la nuova condizione; per facilitare il processo è importante tuttavia la cooperazione tra tutte le figure di accudimento, con lo scopo di condividere obbiettivi e strategie, abitudini e routine: pianificare insieme è importante per far sì che il bambino ritrovi sempre le stesse modalità educative.
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La Psicoterapia Familiare
Se tutto questo non porta ai risultati sperati si tenga presente che la psicoterapia familiare offre ottime possibilità di risoluzione.
Per mezzo di uno specifico lavoro psicoterapeutico si avrà la possibilità di indagare sul disagio del bambino e sul miglior modo di rispondere da parte dei genitori e delle altre persone che se ne prendono cura.
È di fondamentale importanza, inoltre, dare il giusto peso al valore relazionale del sintomo: è probabile che il bambino attraverso il suo rifiuto voglia dirci qualcosa.
Un genitore, in condizioni di alimentazione inadeguata del proprio bambino, può sentirsi inadeguato egli stesso, arrivando ad esperire vissuti di ansia e di impotenza, difficili da gestire.
Il bambino, d’altra parte, può leggere la preoccupazione del genitore come un segnale di pericolo ed accentuare il suo stato di disagio. In questi casi c'è il rischio che si instauri un vero e proprio circolo vizioso in cui lo stato emotivo dell'uno mantiene e rafforza lo stato emotivo dell'altro.
Attraverso la terapia si utilizza in modo appropriato la più grande risorsa in nostro possesso: noi stessi. Infatti il momento del pasto ha un valore significativo perché nutriamo nostro figlio, oltre che con gli alimenti, con le nostre emozioni e la nostra affettività, quello che passa attraverso questo canale lo nutre ad un livello profondo, e, attraverso l'azione di un circolo, questa volta virtuoso, potrà proteggerlo da eventuali disagi e blocchi.



7.10.12

Le proprietà nutrizionali della mela, frutto ricco di vitamine, sono indispensabili per la crescita del bambino.
L'85% circa del peso della mela è costituto dall'acqua, mentre dal 9% al 12% è costituita da zuccheri che, per le loro caratteristiche chimiche, non hanno controindicazioni per i diabetici. Sono presenti vitamine molto importanti, come la vitamina A, B1, B2, C e PP, acidi organici, sali minerali e oligoelementi come calcio, cloro, ferro, rame, magnesio, zolfo, potassio, fosforo. Troviamo, anche, la pectina che contribuisce ad abbassare il tasso di colesterolo nel sangue.
Sia nella polpa che nella buccia sono inoltre presenti eteri, tannini, alcoli, aldeidi e un elevato numero di terpeni che rendono infinitamente vario il profumo e il sapore delle mele. Secondo recenti studi di origine europea, la pectina sarebbe in grado di svolgere un'azione depurativa delle sostanze tossiche nei confronti dell'organismo; per questo motivo la mela viene consigliata nella dieta di chi vive soprattutto in città particolarmente inquinate.

3.10.12

Ieri 2 ottobre è stata una giornata importante per tutti i bambini, i quali a scuola hanno preparato pensieri personalizzati per la festa dei loro carissimi nonni.
Un'occasione speciale per dimostrare come i nostri piccoli artisti sviluppano le loro capacità e creattività dando vita al proprio modo di essere ed esprimendo la loro affettività.
Poesie, disegni e ogni sorta di lavoretto riempiono le case dei nonni fieri dei nipoti che li festeggiano.
I nonni sono una figura fondamentale nella famiglia moderna, perchè oggi più che mai sono base portante dell'educazione dei nipoti e aiuto verso i figli impegnati al lavoro spesso per tutta la giornata.
Essi tramandano non solo tradizioni e principi di vita ma sono fautori di importanti cambiamenti che hanno investito le giovani generazioni.
I nonni di oggi sono molto diversi da quelli di ieri, sono senz'altro più giovanili, sensibili e versatili alle esigenze dei bambini, sanno come badare ad essi e come intrattenerli.
Grande fonte di intrattenimento per le nonne è appunto il "cucinare insieme".
I bambini da parte loro si sentono parte attiva e sono entusiasmati nell'imitare i gesti dei loro saggi nonni e a sperimentare gusti, forme ,consistenze.
Cucinare aiuta i piccoli anche ad essere più consapevoli del lavoro che vanno a svolgere, con eventuali rischi e/o divertimenti che esso può comportare.
L'autostima dei bimbi inoltre si fa grande quando a lavoro ultimato possono gustare i prodotti preparati con le proprie manine, e le nonne da parte loro si riempiono il cuore a sentir dire da loro "ho aiutato la nonna" o "l'ho fatto io".
Crescendo non solo si imparano le gustose ricette della nonna, ma si portano nel cuore i momenti di gioco, collaborazione e l'affetto incondizionato.
Anche i nonni partecipano al gioco dei bambini ma in attività spesso differenti come le passeggiate in bicicletta, le uscite ai parco-giochi o la cura del giardino.
Nonno e nonna, entrambe le figure sono egualmente importanti a loro modo.
Non resta che dire evviva i nonni tutti i giorni dell'anno!!!!





2.10.12

Non sono un mammo, sono papà!
 
Sessantaduemila uomini si alzano dal letto la mattina per preparare colazioni, portare figli a scuola, cucinare, fare la spesa e pulire casa.
Iniziava così l’articolo "Avanza l'esercito dei mammi" pubblicato dal Corriere.it.
La semplificazione giornalistica porta spesso a coniare nuovi termini che, al di là della popolarità che possono poi ottenere, non sempre sono corretti. Del «mammo» si iniziò a parlare con insistenza quando uscì «Mrs. Doubtfire», il film in cui Robin Williams si camuffava in un’attempata governante pur di continuare a vedere regolarmente i propri figli dopo il divorzio dalla moglie: in quel ruolo si ritrovava a cucinare, fare pulizie, organizzare la vita dei ragazzi. Da allora questo nomignolo non ce lo siamo più levati di mezzo.
I «mammi», nell’articolo citato, sarebbero «lavoratori casalinghi che si occupano della gestione di figli e casa, invece che lavorare sotto padrone fuori dalle mura domestiche». Penso che sia già abbastanza fastidiosa l’equiparazione mamma-casalinga, che rimanda ad un’epoca per fortuna trapassata in cui la donna poteva essere solo l’angelo del focolare e l’uomo l’unico titolato a provvedere al sostentamento della famiglia.
Ancora più fastidioso è l’automatismo per cui se un uomo si occupa assiduamente dei figli diventa subito un «mammo».
Le cose sono molto cambiate nel corso degli anni. I padri di oggi sono molto diversi da quelli di ieri, che poi sono stati i loro padri e oggi sono i nuovi nonni, a loro volta diversi dai nonni delle passate generazioni, che fanno con i nipotini cose che non hanno mai fatto con i loro stessi figli.
In Italia non siamo forse al livello di altre nazioni realmente evolute, come i Paesi scandinavi, dove le pari opportunità lo sono per davvero e non esistono solo come intitolazione di un ministero. Paesi dove è normale che anche un uomo si prenda giorni di astensione dal lavoro per «paternità». E dove nessuno si sorprende nel vedere uomini che spingono i passeggini o che imboccano i pargoli sul seggiolone al tavolo del ristorante.

Ci sono molti padri oggi che partecipano alle incombenze domestiche e che si dedicano alla cura dei figli. Che non si limitano a giocare con loro ,cosa che per inciso forse molti genitori, maschi o femmine che siano, fanno troppo poco,
padri che partecipano ad ogni aspetto della vita dei figli, accompagnandoli o riprendendoli a scuola, aiutandoli nei compiti, partecipando alle riunioni di classe, preparando il pranzo o la cena, accompagnandoli dal pediatra e accudendoli in caso di malattie. E che magari sanno pure andare da soli nei negozi a comprare loro dei vestiti senza sbagliare taglia e senza fare troppi danni con gli abbinamenti di colore.
Non sono dei superman, sono uomini normali. E non serve inventarsi nuovi termini per definirli. Mamma è una parola stupenda, è per antonomasia la prima che si impara nella vita e da sola dice tutto. Non merita di essere storpiata.
E poi c’è già un termine bellissimo, il più bello di tutti, per gli uomini che si occupano di figli: «papà».
Quando i pediatri dicono"basta carne"
Mentre l’oncologo Umberto Veronesi suggerisce alle mamme di adottare una dieta vegetariana anche per i bambini, la doppia piramide alimentare per chi cresce, elaborata dal BCNF, invita i genitori a limitare l’uso della carne bovina per motivi di salute e di sostenibilità ambientale. Tutto fa pensare che nei prossimi anni la “bistecchina” sparirà non solo dal piatto dei bambini, ma perfino dalla lista dei “buoni consigli” di cui sono prodighi gli amici e i parenti delle mamme.
In attesa di quel momento, i genitori possono cominciare se non altro a guardare senza paura in quella direzione, perché è probabile , come spiega Veronesi , che i nostri figli siano comunque "destinati a un’alimentazione vegetariana, per ragioni etiche, ambientali e di salute”.
Senza saperlo, ognuno di noi basa alcune scelte alimentari su idee superate. Crediamo, per esempio, che i bambini abbiano assolutamente bisogno delle proteine della carne rossa, mentre leggendo i rapporti dei pediatri e dei nutrizionisti si scopre che in realtà, nel mondo occidentale, i bambini assumono almeno tre o quattro volte i livelli di proteine necessari.
Queste, infatti, sono presenti anche in pesce, formaggio, latte, uova, soia, legumi e, in quantità minori, negli altri vegetali. Dunque non esiste, almeno nel nostro paese, un rischio di carenza di proteine. Anche il ferro, importante sia nell’infanzia sia nell’adolescenza, è presente nel pesce, nei legumi, nei vegetali di colore verde scuro e nelle noci.
La seconda idea da sfatare è che i nostri figli siano destinati a una vita adulta più sana della nostra grazie ai progressi della medicina e che quindi le preoccupazioni sulla loro alimentazione siano eccessive. In realtà l’alimentazione scorretta e la vita sedentaria stanno determinando un aumento di malattie croniche anche nell’infanzia: i nostri bambini ingeriscono troppi grassi, troppi zuccheri e troppo poca fibra. Una dieta con meno carne in genere è anche una dieta con più varietà, soprattutto di ortaggi.
Un’altra idea errata è che non ci sia un legame diretto tra la carne che mettiamo nel carrello e la salute ambientale del pianeta. La piramide ambientale elaborata dal BCFN, dimostra invece che la carne, soprattutto quella bovina, è al primo posto nella graduatoria dei cibi ad alto impatto ambientale. In un mondo con sette miliardi d’individui dove è urgente imparare a produrre cibo utilizzando meno carburante, meno terra e meno acqua, questo alimento non è più ecologicamente sostenibile.


IN CUCINA le occasioni per farsi male purtroppo non mancano. Chi di noi non si è mai tagliato o scottato in un attimo di disattenzione? I bambini, naturalmente, rischiano più di noi, perché hanno una manualità ancora imprecisa, un’altezza che non consente loro di lavorare in sicurezza su piani di lavoro e soprattutto perché hanno poca esperienza: il loro desiderio di fare e sperimentare non è ancora compensato dalla capacità di valutare la pericolosità dei loro gesti.
Contrariamente a quanto si crede, il modo migliore per proteggere i bambini dai pericoli domestici non è quello di tenerli fuori dalla cucina: prima o poi, infatti, cercheranno di cavarsela da soli, magari proprio in nostra assenza. Meglio allora prepararli a poco a poco, invitandoli fin dalla prima infanzia a starci vicino quando cuciniamo, a osservarci e a fare esperienza sotto la nostra guida attenta, in modo che acquisiscano prima possibile i comportamenti corretti e prendano coscienza dei rischi. In ogni casa anche gli oggetti più innocui, se usati impropriamente, possono essere pericolosi. L’importante è saperlo.
Per prima cosa, cerchiamo di mettere in sicurezza la nostra cucina. Bastano piccole modifiche, semplici ed economiche, e soprattutto basta assumere noi stessi comportamenti più sicuri. Poche regole chiare e un po’ di organizzazione daranno modo ai bambini di entrare in cucina e condividere con noi momenti preziosi… nel cuore della nostra casa.


Insegnare la sicurezza:
Oltre alle precauzioni, uno strumento per prevenire gli incidenti è sicuramente quello di stabilire con i bambini semplici regole da rispettare sempre, senza eccezioni e fin dalla prima infanzia. Imporre regole rigide non significa essere genitori troppo severi, al contrario: se i divieti sono accompagnati da spiegazioni chiare, coerenti e costruttive, a poco a poco i bambini capiscono che i nostri NO servono a garantire il benessere di tutta la famiglia.
Può darsi, però, che le spiegazioni debbano essere fornite più volte. Non perdiamo la pazienza, i bambini "funzionano così"! Quelli che seguono sono solo esempi; ogni genitore potrà adattarli in base alle caratteristiche della propria cucina e della propria famiglia.

 
In materia di svezzamento, molte regole stanno cambiando: se fino a poco tempo fa si consigliava di ritardare l’introduzione, nella dieta dei bambini, di alimenti potenzialmente allergenici, oggi i ricercatori dichiarano che “non esistono evidenze certe che posticipare o eliminare l‘introduzione dei cibi allergenici possa prevenire o ritardare lo sviluppo di allergia; anzi alcuni autori suggeriscono che un eccessivo ritardo nell‘introduzione di certi alimenti potrebbe addirittura aumentare il rischio di sensibilizzazione”, come ha spiegato alle mamme il Prof. Carlo Agostoni (Direttore della Clinica Pediatrica II dell’Università degli Studi, IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano) nel corso dell’incontro sulla nutrizione infantile organizzato il 17 settembre da Food Revolution Milan.
 
Francesco Iandola, portavoce di Food Revolution Milan, ha così sintetizzato le nuove indicazioni emerse nel corso dell’incontro:
  • Allattamento al seno almeno fino a 6 mesi. I bambini allattati al seno si ammalano di meno (celiachia, diabete, leucemia…) e hanno il 20% in meno di possibilità di diventare obesi
  • Il bambino allattato al seno non necessita di integratori quali tisane e acqua.
  • Il divezzamento inizia dal sesto mese. Durante il periodo del divezzamento offriamo al bimbo una grande varietà di cibi; quello che mangiamo noi, spesso può mangiarlo lui, in forma non masticabile. La sola frutta non è sufficiente. Ed evitiamo di salare gli alimenti.
  • Il latte vaccino non dovrebbe essere somministrato prima dei 12 mesi, anche se piccole quantità possono essere aggiunte agli alimenti introdotti con il divezzamento. Tra 1 e 3 anni non più di mezzo litro di latte al giorno; migliore alternativa è lo yogurt magro con aggiunta di frutta fresca.
  • Per evitare allergie non serve ritardare l’introduzione di elementi potenzialmente allergenici, come pesce, uova e glutine.
  • Sono da evitare diete vegetariane fino ai due anni. Dopo i due anni, in caso di alimentazione vegetariana, sopperire con latte e fare attenzioni alle carenze di ferro, minerale meno
  • biodisponibile nelle verdure. Evitare diete vegane nella prima infanzia.
  • E’ indispensabile l’attività fisica (a parità di peso ,i bambini di oggi hanno maggior circonferenza addominale).
  • Mangiamo con i nostri figli, facciamoli giocare, sporcare e divertirsi con il cibo. I nostri figli ci guardano, facciamoci vedere mangiare una ampia gamma di alimenti. Dopo i due anni di età cerchiamo di mangiare in famiglia e facciamo dai tre ai cinque pasti al giorno.
  • Evitiamo il consumo di succhi di frutta o bevande contenenti zucchero
  • Evitiamo di considerare il cibo come una somministrazione farmacologica. Quindi niente prescrizioni.

Io non posso fare a meno di aggiungere un punto numero 11: cuciniamo con i nostri bambini!

Intanto la ricerca continua, altre certezze vacilleranno e presto sentiremo molto parlare di svezzamento di genere, cioè di due modelli diversi, per maschi e per femmine.


1.10.12

Alcuni consigli utili per favorire una sana alimentazione del bambino :
  1. - Bonificare la casa da cibi "spazzatura" (soprattutto merendine, bibite zuccherate e dolci).

  2. -Educare il bambino a mangiare lentamente, poiché la prima digestione avviene in bocca.

  3. -Abituare il bambino a consumare un abbondante colazione secondo le regole della dieta mediterranea (cereali, latte o yogurt, frutta), ne gioverà la sua salute, il suo umore ed il suo profitto scolastico.

  4. -Quando si prepara lo zainetto inserire anche una bottiglietta d'acqua, sia per abituare il bambino a bere frequentemente, sia per evitare il rischio disidratazione che nei bambini è superiore rispetto agli adulti.

  5. -Non utilizzare il cibo come mezzo di pressione (mangiare tutto ciò che c'è nel piatto), di ricompensa o consolazione (se fai il bravo ti compro il gelato) o di trasformarlo in castigo o minaccia (andare a letto senza cena).

  6. -Spegnere la tv durante i pasti e consumarli ad orari e luoghi prestabiliti (non dove e quando capita).

  7. -Dedicare maggior tempo alla preparazione dei pasti del proprio figlio utilizzando prodotti il più possibile naturali e non confezionati. presentare i cibi con fantasia per soddisfare tutti i sensi del bambino

  8. -Incoraggiare il bambino ad apprezzare i pasti forniti dalla mensa scolastica poichè se non lo accetta, al termine del pasto avrà ancora fame e si sazierà con snack, brioches e merendine varie.
E' importante non sottovalutare mai questi semplici gesti quotidiani che giovano alla salute psicofisica del bambino e dell' adulto, evitando così il rischio di contrarre malattie degenerative già in giovane età.
Nelle attività di laboratorio di cucina e degustazione, i bambini rafforzano la propria autostima, acquistano consapevolezza delle proprie azioni e fiducia nelle proprie capacità, instaurano rapporti di amicizia e collaborazione, si divertono e riescono a superare molti pregiudizi alimentari.