28.11.12

Le comportement alimentaire des enfants

L'apprentissage du goût, pour développer le plaisir de manger

La grande majorité d’entre nous mange à la fois pour se nourrir et pour se faire plaisir. Ce plaisir alimentaire s’est construit au fur et à mesure du temps, tout au long de notre vie.C’est aussi notre rôle d’adultes que d’éduquer les enfants au plaisir alimentaire, car il est l’une des composantes de l’équilibre.
Il importe donc d’aider l’enfant à développer ses goûts : présentez-lui de nouveaux aliments régulièrement, et demandez-lui de goûter à tout. Etablissez avec lui les règles du jeu (et respectez-les !) : s’il n’aime pas après avoir goûter, il n’est pas obligé d’en manger !
Pour ne pas se décourager, il est bon de savoir qu’en fonction des enfants, il faudra présenter ce nouvel aliment entre 5 et 15 fois avant que l’enfant le consomme sans problème : c’est le temps qui lui est nécessaire pour identifier l’aliment, le nommer, en avoir l’habitude !! Cela se passe d’ailleurs mieux si les repas sont pris en commun, et que les autres membres de la famille consomment l’aliment en question !
Il n’est bien sûr pas conseillé de remplacer systématiquement l’aliment non consommé par un autre qu'il adore : cela risque de ne pas engager l’enfant à changer, bien au contraire. L’enfant n’aura pas non plus double portion de fromage ou de dessert, sous prétexte qu’il n’a pas mangé une partie du repas.

Parfois un réel dégoût vis à vis d'un aliment peut apparaître. Il existe plusieurs types de dégoût :
  • Le dégoût sensoriel : l'enfant n'aime pas le goût de l'aliment, la perception en bouche est désagréable
  • Le dégoût cognitif : il est fonction de l'idée que l'on se fait d'un aliment, cette perception est mentale et culturelle. Ce type de dégoût augmente avec l'âge et est assez peu présent chez le jeune enfant (exemple : la cervelle est facilement consommée par les petits, alors qu’elle devient difficile à faire consommer à un adolescent !!)
  • Le dégoût aversif : il est du à une perception « par le ventre ». Il est lié en général à un malaise gastrique juste après avoir manger un aliment. Inconsciemment le lien se fait entre l’aliment consommé et la « maladie », à tort ou à raison. La crainte inconsciente d’être à nouveau malade fait rejetée la consommation de l’aliment en question.
Dans le cas des dégoûts, il est préférable de ne pas insister sur les aliments concernés : le repas ne doit pas être un lieu et un moment de conflit. Ces dégoûts peuvent être très longs à changer, mais le goût (et le dégoût) évolue tout au long de la vie : nous connaissons tous des personnes qui, adultes, se sont mises à consommer des aliments qu’elles ne mangeaient pas auparavant.
Pour encourager l’enfant à goûter et à découvrir de nouveaux aliments, on peut :
  • lui faire découvrir l'aliment sous sa forme originelle en le faisant participer aux courses (au marché), à la préparation des repas
  • lui faire cultiver certains légumes ou aromates : pourquoi ne pas mettre (même sur le balcon) un pied de tomate-cerises en pot, un plan de ciboulette, de basilic..., il sera fier de trouver sur la table ce qu'il a planté et arrosé !
  • allier les aliments dont il a l'habitude et qu'il aime avec de nouveaux aliments (lasagnes aux légumes...)
  • jouer avec les couleurs dans la conception des plats
"Aujourd'hui, j'ai écrit pour tous mes amis qui parlent Français, parce que je suis en train d'apprendre la langue et je pense que c'est une occasion pour moi d'avoir de nouveaux lecteurs.
J'espère que l'article a été intéressant et que les conseils pourraient vous être utiles !
J'écrirai d'autres articles en Français, et j'espère ainsi rencontrer des lecteurs intéressés.
À bientôt les amis,
Giulia"


La fonte: www.alimentation-et-sante.com

21.11.12

Attualità:
L'alimentazione prima del concepimento influisce sulla salute del bambino

Mangiare bene fa bene: a se stessi e anche alle future generazioni. Uno studio condotto su un modello animale dai ricercatori del Nutrition Research Institute della University of North Carolina e appena pubblicato da Faseb (la rivista della Federazione delle società americane per la biologia sperimentale), indica come l’alimentazione prima del concepimento sia importante anche per la salute del bambino che verrà.
La ricerca dimostra infatti come la dieta seguita ancora prima di restare gravide abbia chimicamente alterato il Dna di topi femmina e come questa alterazione si sia trasmessa alla prole. La scoperta del dottor Mihai Niculescu e dei suoi colleghi potrebbe avere ripercussioni nello studio di malattie dell’uomo come l’obesità, il diabete, i disturbi del sistema immunitario e anche il cancro.
“Epigenetica e nutrigenomica stanno dimostrando come l’alimentazione possa alterare il patrimonio genetico con effetti che si trasmettono” commenta il professore Andrea Vania, responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione pediatrica dell’Università La Sapienza di Roma e presidente dell’ECOG, l’European Childhood Obesity Group. “Se si mangia male, si può influire sulla salute di figli, nipoti e bisnipoti”.
Professor Vania, si è sempre data importanza all’alimentazione durante la gravidanza. Secondo la ricerca della University of North Carolina, invece, anche ciò che una donna mangia prima di restare incinta può influire sulla salute del futuro bambino. È così?
“Il discorso è molto complicato, ma altrettanto interessante. Secondo l’epigenetica e la nutrigenomica, due nuove branche della genetica e della scienza dell’alimentazione, la nutrizione è uno degli stimoli esterni, insieme ad altri come l’inquinamento ambientale e l’ambiente sociale, in grado di modificare il patrimonio genetico e di influire sull’espressione genica, ovvero la corrispondenza tra geni e proteine. Lo studio della University of North Carolina suggerisce inoltre che queste modificazioni possano essere trasmesse a un numero, non si sa quanto limitato, di generazioni”.

Per questo diventa importante l’alimentazione prima del concepimento?
“Sì, e non solo da parte della donna, ma anche da parte dell’uomo. Nonostante le difficoltà a trasferire i risultati dal modello animale al modello umano, gli studi di epigenetica e nutrigenomica affermano come una buona alimentazione possa favorire il benessere non solo dell’individuo che la segue, ma anche delle generazioni successive. Mangiare diventa quindi un fatto non solo personale: chi decide di mangiare male dovrebbe pensare anche a figli e nipoti”.

Quale alimentazione devono allora seguire i futuri genitori?
“La regola è quella di sempre: l’alimentazione deve essere equilibrata, varia e moderata. Deve includere tutti i nutrienti, ma questo non vuol dire che debba essere per forza carnivora. Si può anche seguire una dieta vegetariana, o perfino vegana, purché si assumano sali, vitamine e minerali negli apporti adeguati. Ma epigenetica e nutrigenomica danno un’ulteriore indicazione: dal momento che quello che si mangia può modificare l’espressione del genoma durante tutta la vita, equilibrio, varietà e moderazione devono essere i cardini anche dell’alimentazione dei bambini. Molta cautela, quindi, con le pratiche ‘fai-da-te’ nell’alimentazione dei nostri piccoli”.

Un’ultima domanda: ma esistono cibi che possono favorire la fertilità?
“Che io sappia no, più che altro ci sono favole metropolitane. A chi vuole diventare mamma posso semplicemente consigliare di mangiare bene, prestando magari un’attenzione particolare a certi nutrienti, ad esempio all’assunzione di acido folico, una vitamina del gruppo B che si ottiene soprattutto da carne, pesce, uova, legumi e vegetali a foglie verdi. L’acido folico è molto importante non solo durante la gestazione perché aiuta a ridurre i danni neurologici del feto, ma ancora prima di ‘mettere in cantiere’ un figlio”.


La fonte: alimentazionebambini.e-coop.it

20.11.12

Bambini e cibo: il punto di vista pedagogico
Il rapporto tra i bambini ed il cibo è un argomento che può essere trattato da molteplici punti di vista: nutrizionali, psichici, emozionali, educativi e pure antropologici. L’atto del nutrirsi infatti investe molte sfere del nostro essere persone così come il rapporto che abbiamo con il cibo o il modo in cui stiamo a tavola possono raccontare molto della nostra personalità e della nostra storia familiare.
Questa piccola premessa serve per dire che il rapporto tra l’uomo e il cibo non è risolvibile con il semplice nesso bisogna mangiare per crescere/vivere, dunque cibarsi è il risultato di una molteplicità di fattori soprattutto di natura affettiva e relazionale.
Qui mi occuperò dell’evolversi del rapporto tra bambini e cibo dalla nascita fino ai 3 anni di vita e lo farò usando un taglio pedagogico, provando dunque a dare degli strumenti educativi adatti a rispondere ai bisogni di crescita dei bambini, puntando l’attenzione alla graduale autonomia che il bambino deve conquistare con l’aiuto degli adulti.

0-6/7 mesi
L’inizio del rapporto tra il neonato ed il cibo avviene sempre dentro una relazione fusionale con la madre, sia che il bambino venga allattato al seno, sia che si ricorra al biberon : il piacere del cibarsi nasce per il bambino tra le braccia amorevoli della sua mamma, insieme all’odore del suo corpo ed al battito del suo cuore, è dunque uno dei momenti di massima realizzazione per la costruzione del legame tra la mamma ed il bambino poiché lo aiuta a rivivere l’esperienza fusionale , e nello stesso tempo, lo sostiene nella sua piccola autonomia: proviamo a pensare come la suzione spontanea sia la prima manifestazione di autonomia del bambino, della sua avvenuta separazione; questo importante momento di complicità andrebbe proposto al bambino in un esclusività di relazione, cioè con la totale disponibilità a dedicarsi a lui.

La mamma dovrebbe concentrarsi sul comprendere i tempi del bambino per accompagnarlo gradualmente a vivere il cibarsi come una risposta della madre allo stimolo della fame del bambino e non come risposta ad altri bisogni (consolazione per qualsiasi motivo, coliche o altro); già con l’allattamento si può dare un messaggio positivo al bambino che è di una risposta pronta ad uno stimolo fisiologico.

 
> 12 mesi
L’introduzione delle prime pappe rappresenta un importante tappa di crescita per i bambino: può stare seduto nel seggiolone e guardare in viso chi gli offre del cibo; il primo incontro con cibi solidi rappresenta per il piccolo una grande novità e può non piacergli, abituato com’era all’assunzione del latte; è questo un momento delicatissimo dove l’adulto deve rappresentare la fiducia nel fatto che il bambino possa farcela ad assaggiare il nuovo cibo, accettando eventualmente i primi rifiuti e continuando in serenità a proporre il cibo solido.
L’adulto deve ricordare che il passaggio dal latte al cibo solido significa riconoscere che il bambino sta crescendo e nella sua crescita va sostenuto, dunque bisogna credere in lui e se non mangia la prima volta pensare che mangerà la prossima! Bisogna anche essere pronti a non offrire l’alternativa del latte che il bambino leggerà come un ripiego al fatto di non aver apprezzato la novità proposta e dunque lo avvertirà come un segnale di sfiducia.
E’ molto importante che la pappa venga proposta quando i bambini hanno veramente fame, né troppo prima né troppo dopo , poiché i bambini così piccoli non sono in grado di tollerare la frustrazione della pappa.
Se il bambino vuole toccare la pappa con le sue mani deve poterlo fare, così inizierà a familiarizzare con il cibo e sarà più propenso ad assaggiarlo. Sia che si tratti di pastina con il pomodoro o di formaggi morbidi o di frutta i bambini devono poter pasticciare con le mani e anche sporcarsi la faccia e la testa. Agli adulti tocca avere pazienza e comprendere che attraverso questo toccare il bambino si conferma voler essere sempre più protagonista della sua crescita.
Verso il 9-10 mese o poco dopo il bambino inizia a dimostrare interesse non solo per il cibo nel piatto ma anche per il cucchiaio con cui lo si imbocca e può succedere che rifiuti di essere imboccato volendo farlo da solo: non è ancora in grado ma ancora una volta la sua spinta ad essere autonomo va sostenuta, come?
Offrendo a lui un piatto con una porzione di cibo e un cucchiaino e nello stesso tempo avendo noi un piatto da cui proporgli cibo con un altro cucchiaino, accompagnando anche con parole incoraggianti i suoi tentativi; ci vuole molta pazienza e la consapevolezza che solo permettendo al bambino di crescere anche a tavola il suo rapporto con il cibo sarà sano, viceversa presi dalla preoccupazione di nutrirlo si finisce per trattarlo come un recipiente da riempire.
Certamente per agevolare la conquista delle abilità di coordinazione necessarie a portare il cucchiaio alla bocca, nei momenti di gioco gli si possono dare cucchiai e ciotole con cui esercitarsi.
Una nota importante riguarda la quantità di cibo da offrire ai bambini quando si propone loro di assaggiare un nuovo piatto: nel piatto va messa una piccola quantità così che i bambini non si sentano frustrati e inadeguati di fronte alla nuova proposta.
Inoltre nella proposta di nuovi sapori non dobbiamo dimenticare che i bambini capiscono benissimo se l’alimento a loro proposto è gradito o meno anche all’adulto, dunque nessuno stupore se a casa non vogliono il pesce che a voi non piace e magari al nido lo mangiano: i bambini ci dimostrano empatia anche in questo e vanno rispettati.
 
12-18 mesi
I bambini sono in grado di mangiare quasi tutti gli alimenti, dunque essi vanno proposti invitando il bambino ad assaggiare/scoprire la novità. La proposta dovrà essere graduale poiché, ogni genere di scoperta rappresenta per un bambino piccolo l’incontro con la realtà, poco conosciuta. L’accettazione o meno di nuovi cibi può essere direttamente proporzionale all’allargamento delle esperienze sociali e cognitive del bambino: cioè un bambino che frequenta il nido e può esplorare tanti materiali sarà più disponibile all’incontro con il nuovo cibo; sempre di più attraverso il cibo, il bambino infatti ci rappresenterà altri bisogni: a questa età il bambino può voler giocare con il cibo e sembrare poco interessato al nutrirsi, come ci si comporta?
• È importante che il bambino arrivi a tavola con un senso di vuoto, cioè di fame, e che l’adulto lo aiuti a riconoscere questa sensazione; dunque avere ritmi regolari nella proposta dei pasti ai bambini facilita il loro desiderio di mangiare al momento giusto, che è quello in cui ci si siede a tavola.

• È normale che un bambino fino anche ai 2 anni manipoli il cibo o giochi con l’acqua a tavola ma è altrettanto importante che gli adulti gli spieghino che a tavola si mangia e che dopo verrà data la possibilità di manipolare o travasare con pasta cruda, farina, acqua; dunque il bambino va incoraggiato a mangiare da solo, anche con le mani e gli va ritirato il piatto quando invece che mangiare il cibo viene utilizzato a chiaro scopo ludico (tipo rovesciare il contenuto del piatto sul tavolo o buttare i pezzetti a terra.

• Se il bambino insiste nel rovesciare il piatto o nel giocare con il cibo gli andrà riconosciuto, che non ha più fame e passare alla pietanza successiva o terminare il pasto. Senza rabbia né ansia gli si dirà “sembra proprio tu non abbia più fame, dunque porto via il piatto e ce ne andiamo di là a giocare”; in questo modo lo si aiuta anche a contestualizzare i momenti del pasto e quelli del gioco.
18-24 mesi
Se si è seguito il normale percorso di crescita del bambino, a questa età egli è in grado di mangiare a tavola con mamma e papà e la condivisione dei pasti con gli adulti rappresenta per lui un importante riconoscimento della sua graduale affermazione e indipendenza; a questa età si può pensare ad un menù familiare, cioè un menù uguale per tutti dove il bambino possa collocarsi nella relazione familiare come un essere in crescita; è importante che il menù sia unico poiché le scelte proposte al bambino gli attribuiscono un potere che non ha ancora e lo autorizzano a trasferire sul cibo altre richieste relazionali nei confronti dei genitori; che fare allora se quanto da noi proposto non viene mangiato dal bambino?Il consiglio è di evitare il piatto unico dai 12 mesi in avanti e di proporre gli alimenti separati, così che tra primo, secondo, contorno e frutta, ci sia la possibilità per il bambino di mangiare qualcosa.È vietato allora dare l’alternativa?
I divieti lasciano sempre il tempo che trovano e ogni genitore deve trovare la giusta misura nella relazione con i propri figli, però è vero che nei primi anni di vita sarebbe importante per i bambini accedere a tutta la gamma degli alimenti, riservando ad età più mature le scelte più selettive.
Va detto anche che il bambino attraversa una fase oppositiva poiché vuole affermarsi nella sua diversità dall’adulto; può darsi che rifiuti cibi che prima mangiava o che rifiuti le regole fin’ora condivise. Certamente il bambino in opposizione va ascoltato ma non assecondato in tutto, le regole dello stare a tavola devono rimanere così come il “menù della famiglia” che rappresenta anche un messaggio di solidità per il bambino che inizia a sentire i confini della propria persona allargarsi, cioè il bambino ha bisogno di collocare l’esperienza del suo crescere nei confini amorevoli e comprensivi ma saldi della sua famiglia.
2-3 anni
Il bambino ha acquisito notevoli abilità ed è bene che gli vengano riconosciute anche a casa; diamo per scontato che ormai svolga i pasti principali con la sua mamma ed il suo papà e che questi momenti rappresentino sempre più un’occasione dove celebrare le consuetudini familiari e consolidare le relazioni; sempre più i pasti diventano un momento conviviale, la colazione per augurarsi tutti una buona giornata (ognuno poi andrà nel suo luogo “sociale”, il lavoro, il nido, ecc) e la cena per raccontarsi tutti come la si è trascorsa.
In questo anno diventa fondamentale sostenere le conquiste di autonomia dei bambini rispetto all’utilizzo di stoviglie e posate ( già nei nidi spesso l’ultimo anno si propone ai bambini l’utilizzo di piatti di ceramica e di bicchieri di vetro), e dare loro la possibilità di servirsi da soli; anche stimolare il bambino a riconoscere la giusta quantità da servire nel proprio piatto è importante in relazione alla competenza di comprendere quanta fame abbia: serve sia a riconoscere le sensazioni di pieno/vuoto e mangiare il giusto per sentirsi sazi, inoltre è educativo nel senso ecologico del non sprecare il cibo.


Una piccola nota sulle regole e i tempi
Abbiamo detto fin dall’inizio come attraverso il cibo si definiscano i contenuti della relazione con il proprio bambino: all’adulto spetta il compito di ascoltare i bisogni di crescita del bambino e di dare risposte in senso affettivo ed educativo.
In entrambi i sensi perché il pasto sia un momento in cui il bambino si dedichi al piacere/dovere di nutrirsi sono necessarie alcune condizioni, che vanno create e sostenute dagli adulti e che hanno poi per i bambini molteplici implicazioni.

1. I bambini devono sedersi a tavola quando hanno fame, poiché questo li aiuta a riconoscere il loro sentirsi pieni/vuoti e desiderare di cibarsi; la regolarità nella proposta dei pasti (5 di solito) dà loro modo di anticipare la sensazione di vuoto/fame e di verbalizzare;

2. Mangiare a tavola per un bambino è fondamentale per aiutarlo a collocare la sua persona nello spazio e per dare significato alle esperienze: il pasto non deve essere “smembrato” in giro per la casa o consumato dove capita, poiché questo provoca un disordine mentale interno al bambino in crescita

3. Stare a tavola ha un tempo che deve essere circoscritto ed esplicitato dall’adulto, dunque dire ad un bambino “stai a tavola finchè hai finito”, anche con le migliori intenzioni, non lo aiuta poiché può farlo sentire frustrato, mentre rispettare le differenze velocità nel cibarsi può voler dire anche dare un tempo sufficiente al bambino più lento entro il quale il piatto sarà ritirato.

4. Il cibo non dovrebbe mai essere proposto per colmare altri bisogni: spesso quando i genitori vanno a prendere i bambini al nido dopo il pranzo o dopo la merenda propongono dell’altro cibo e si giustificano dicendo che il bambino lo divora: forse il bambino sta chiedendo altro all’adulto e offrirgli del cibo al posto di gioco/coccole/attenzioni, può indurlo nel tempo a utilizzare il cibo per colmare i propri vuoti.

Ecco come i bambini imparano a cucinare


Pesare, agitare, mescolare: in cucina, per i bambini, vi sono molte attività appassionanti e (quasi del tutto) senza pericoli… persino quando si tratta di tagliare qualche ingrediente. A condizione che vengano fornite loro spiegazioni precise e che vengano sempre tenuti bene sott’occhio, anche i bambini piccoli possono essere introdotti alle arti culinarie dai loro genitori.

Spiegare bene i pericoli

«È pericoloso? No. I bambini sono molto svegli e usano con molta prudenza il pelapatate e i coltelli, a condizione che si spieghi loro tutto con precisione, senza lasciarli poi maneggiare da soli tali strumenti.
All'inizio, è raccomandabile iniziare con cibi molli come la mozzarella o le uova, piuttosto che con le carote.
Non aspettatevi opere fatte ad arte, poichè un aspetto molto più importante rispetto ad una sbucciatura impeccabile oppure ad un taglio accurato dei dadini è che i bambini si divertano nella preparazione dei cibi, che sviluppino una certa destrezza e imparino a conoscere i nomi degli alimenti.
In questo modo possono anche rappresentare un ottimo aiuto in caso di emergenza. Insegnate ai bambini senza timore anche a pulire tutta l'attrezzatura e la cucina finito i lavori, impareranno ad essere più rispettosi e laboriosi.

Cucinare come mezzo educativo

Cucinare riveste, oltre alla mera preparazione del cibo, una funzione assai importante nell'educazione. I bambini imparano che il cibo non lo si compra già bello pronto e cucinato. Inoltre, imparano tutto quello che si può cucinare. I bambini che cucinano mangiano anche meglio.

Per insegnare ai bambini a cucinare

  1. Prendere con sé in cucina i bambini già molto presto cosicché possano vedere quello che si fa.
  2. All’inizio lasciarli fare solo cose semplici: impastare la pasta e preparare le farciture.
  3. In quanto genitori: accettare che i bambini fanno le cose in modo diverso rispetto agli adulti. Forse le carote non saranno completamente pelate e i dadi dei pomodori non saranno tagliati a regola d’arte.
  4. Spiegare bene l'utilizzo dei pelapatate e dei coltelli. Attenzione: all’inizio lasciarli tagliare solo cibi molli.
  5. Rendere attenti i bambini ai pericoli: fornelli caldi, forno.
  6. Se venite aiutati dai bambini, calcolate più tempo per la preparazione dei pasti.
Bambini, chi "pasticcia" nel piatto vivrà meglio da adulto
 
I bambini, si sa, amano pasticciare nei piatti: tuttavia chi ha questa strana abitudine, vivrà meglio da adulto!
Scopriamo insieme perchè;
Strano ma vero, i ricercatori hanno scoperto , grazie a diverse ricerche effettuate dai genitori, che i bimbi che pasticciano durante la pappa, saranno in qualche modo, adulti migliori.
Da grandi infatti, proprio quei bambini pasticcioni, prediligono cibi sani e naturali, e sviluppano molto meno l'obesità.
Perchè accade ciò? Perchè per il bambino mettere le mani nella pappa è un istinto naturale da non reprimere: il piccolo sperimenta, impara, osserva e capisce la bontà di ciò che sta "tastando", garantendogli in età adulta, buona salute e buone abitudini alimentari.
La ricerca risulta interessante, e voi cosa ne pensate di sbrodolamenti vari?
Saluti
Giulia 


19.11.12

Non mi piace, anzi ora mi piace!

Immaginate di entrare in una galleria d’arte e di trovarvi di fronte al quadro di un artista sconosciuto e originale. Lo guardate, ne restate colpiti e non riuscite a decidere se vi piace o no finché un altro visitatore, dall’aspetto simpatico, sorride ed esclama: “Bellissimo!”.
Il gusto dei bambini
, nella maggior parte dei casi, funziona esattamente così: per riuscire a “dare un nome” alla propria sensazione, i bimbi hanno bisogno di osservare la reazione degli altri. E se gli altri sono positivi, sereni e simpatici, questo li condizionerà.
La maggior parte dei nostri gusti non è innata, ma dipende dal contesto storico e sociale in cui viviamo e da tanti altri fattori che possiamo definire “culturali”. L’uomo è da sempre una specie straordinariamente adattabile ai sapori. Provate a pensarci: anche se nessuno di noi mangia tutto, l’essere umano, nel suo complesso, si nutre di mammiferi, uccelli, pesci, molluschi, crostacei, insetti, piante, funghi… poche specie possono vantare un ventaglio alimentare altrettanto ampio e forse proprio questa nostra capacità ci ha permesso di sopravvivere in ogni parte del pianeta. Il palato curioso e aperto alle novità è la chiave del nostro successo evolutivo.
Quando un bambino dice “non mi piace”, va contro la propria natura solo in apparenza. In realtà, nella maggior parte dei casi il suo rifiuto non ha nulla a che vedere col gusto. A volte è un bimbo che teme la novità e che cerca nel cibo la rassicurazione di ciò che già conosce. Altre volte può essere infastidito dal colore, dalla temperatura, dalla consistenza dell’alimento o può essere semplicemente raffreddato e quindi incapace di percepire i sapori. Molte volte, poi, il rifiuto è la conseguenza di un clima di tensione, del quale magari noi adulti non siamo consapevoli. In uno studio recente, condotto su un campione di famiglie, è emerso che mentre solo il 26% dei genitori intervistati ammetteva di fare pressioni a tavola, ben il 61% dei figli dichiarava di subirne :-).
Se per noi genitori i rifiuti a tavola sono motivo di preoccupazione, anche il bambino soffre del proprio rifiuto e non dice mai “no” a cuor leggero. Lui vorrebbe tanto sedersi a tavola con gioia e condividere ogni pietanza, ma proprio non ci riesce.
Per aiutarlo, dobbiamo insegnargli a prendere confidenza con il cibo usando la convivialità e i sensi come strumenti di esplorazione e conoscenza. Prima di tutto possiamo cucinare insieme, perché è "facendo" che i bambini imparano a conoscere il cibo. Centinaia di volte i bimbi cambiano idea su un ingrediente dopo averlo usato e avere visto altri apprezzare la ricetta.
Proviamo anche a lasciare da parte i giudizi (bello/brutto, buono/cattivo, ti piace/non ti piace) e a dare spazio alle parole più legate alle sensazioni fisiche ed emotive. Possiamo chiedere se un piatto è morbido o croccante, se è freddo o tiepido, possiamo parlare di colori, raccontare di un ricordo evocato da quel particolare profumo…
E possiamo sempre rassicurare il bambino dicendogli che i gusti cambiano, e che ciò che oggi non gli piace, domani potrebbe rivelarsi buono.

16.11.12

Francia: Hollande vara la tassa anti-nutella

Uno Stato salutista? O solo uno che cerca in ogni modo di ridurre il deficit pubblico, in questi tempi di crisi? Sta di fatto che la Francia si avvia a varare una supertassa sull’olio di palma, contenuto in tanti prodotti alimentari. A Parigi la chiamano già la "tassa Nutella", perché è proprio il prodotto simbolo della Ferrero quello che genererà più nuove entrate per le casse pubbliche.
Ieri la commissione degli Affari sociali del Senato ha approvato un emendamento che moltiplica per quattro (+300%) l’imposta già esistente sull’olio di palma, che si trova presente in tanti esponenti del junk food, dalle patatine fritte al gelato, passando per maionese, cioccolato e pizze industriali.
Si tratta di un emendamento alla legge di finanziamento del 2013 del sistema di sicurezza sociale, che verrà discusso in aula a partire dal 12 di novembre, tappa importantissima per riportare il deficit pubblico dai 19,3 miliardi di euro del 2012 ai 13,9, che rappresentano l’obiettivo per l’anno prossimo. La misura, appoggiata dalla sinistra al potere, ha forti chance di passare, dato che i socialisti dispongono da soli della maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale.

E tanto più che oggi al riguardo è intervenuto perfino Jerome Cahuzac, ministro del Bilancio: "Produrre olio di palma provoca deforestazioni massicce che compromettono l’ecosistema", ha dichiarato. Ha poi accennato alla nocività del prodotto, sottolineando: "E’ tempo che i consumatori se ne rendano conto". Il giorno prima Yves Daudigny, relatore della commissione al Senato, aveva sottolineato che "la sovrattassa sull’olio di palma è un segnale alle industrie agroalimentari, perché sostituiscano questo ingrediente con altre sostanze meno dannose. E’ usato molto, perché costa poco, ma è troppo ricco di grassi saturi che sono nocivi per la salute".
Insomma, ci si appella appunto alla salute e all’ecologia (l’espandersi delle piantagioni di palme al posto delle foreste vergini).

Mentre l’Ania, l’Associazione nazionale delle industrie agroalimentari, si è scagliata contro l’ennesima imposta che colpisce il settore, dopo la sovrattassa sulle bibite zuccherate, Coca Cola in primis, varata alla fine dell 2011 e gli altri nuovi balzelli previsti con la prossima legge di finanziamento della previdenza sociale, in particolare l’aumento delle imposte sulla birra e sulle bevande energizzanti. Quanto all’olio di palma, secondo Jean-René Buisson bisogna semplicemente "farne un consumo moderato". E ha risposto alle critiche di chi punta il dito su Ferrero e gli altri big dell’agroalimentare che sull’etichetta dei loro alimenti indicano l’olio di palma come ‘olio vegetale’: "E allora? L’olio di palma è vegetale, si tratta di una definizione legale", ha precisato Buisson. Si oppongono, inoltre, alla "tassa Nutella" molti esponenti della destra. Ma pure la senatrice del Partito comunista, Annie David, si è detta contraria, ricordando che l’olio di palma è utilizzato in tanti alimenti a buon mercato, particolarmente gettonati in periodi di crisi come quello attuale. "Alla fine si tassano sempre le classi popolari", ha dichiarato. In molti ricordano anche che, oltre alle tasse, bisognerebbe migliorare la prevenzione dell’obesità, ancora relativamente bassa in Francia rispetto alla media europea, ma in crescita negli ultimi anni.
L’emendamento approvato comporta 300 euro da pagare in più per tonnellata: l’imposta attuale è di 98,74 euro. Nelle casse pubbliche dovrebbero arrivare 40 milioni di euro in più. La Nutella genera un miliardo di euro di vendite ogni anno in Francia su un totale mondiale di sette miliardi.

Che ne pensate amici sulla nuova tassa  di Hollande ,anti-nutella e junk food?
Una campagna salutista o solamente l'ultima delle trovate per tartassare i cittadini?
A voi la sentenza!! :)
Buongiorno a tutti!!!
Oggi volevo raccontarvi di un incontro a cui ho partecipato, organizzato da una pediatra che ha affrontato il tema dell' "Alimentazione per i bambini".
Ho trovato interessante il suo dare consigli pratici da utilizzare con i nostri piccoli, e ne voglio condividere alcuni con voi:
Per prima cosa sosteneva che non si dovrebbe mai riempire troppo il piatto dei bambini, questo perchè proporre loro piatti mezzi vuoti, garantisce (quasi sempre) la richiesta del bis.
Altro consiglio è di servire loro pietanze sminuzzate o pasta dal formato piccolo in piatti piccoli, questo li aiuterà a non sentirsi costretti a mangiare troppo e ad agevolare la loro masticazione.
Un altro trucco è quello di servire come primo piatto la verdura: mista, colorata, fantasiosa, piena di gusto, di modo che diventi un perno importante nella loro alimentazione, vista la sua eccezionale importanza sia a livello vitaminico che digestivo.

Di estrema importanza è complimentarsi con il bambino dei progressi fatti sia per l'avere imparato a destreggiarsi con le posate, sia per ogni nuovo assaggio.
Non sgridare o forzare il bambino che non vuole mangiare, perchè questo atteggiamento gli creerà disagio e disturbo nel rapportarsi al cibo, e vivrà i pasti come momenti della giornata stressanti e negativi. 
Evitare di proporre ai bambini pasta scondita questo perchè non solo ha un basso valore nutrizionale ma accentua anche la problematica dell'alimentazione "selettiva" e "monocromatica".   
Non proponete ai bambini cibo "spazzatura" (merendine,cioccolata bevande gassate/dolci) quotidianamente o finiranno per esserne succubi, e finirete in un irrimediabile circolo vizioso.
Cibi dolci e ipercalorici solo saltuariamente in dosi ridotte da utilizzare come merenda sostanziosa.
Non usate mai il cibo come premio o punizione, in quanto ciò porterebbe i bambini ad instaurare con esso un rapporto negativo in cui ad ogni emozione o delusione troveranno conforto mangiando.
Proponete piatti vari, senza fermarvi alle solite ricette trite e ritrite a base di frumento, carne e latte, ma sperimentando anche kamut, farro, soia, lenticchie, latte vegetali, latti caprini,pesci d'acqua dolce e salata, mopur e seitan.
Non dimenticate che anche l'attività fisica è una componente fondamentale nella salute dei piccini e ciò non significa che loro debbano praticare uno sport a livello agonistico. Giocare quotidianamente all'aria aperta, andare a scuola a piedi o bicicletta, fare passeggiate in famiglia, sono tutte attività che  migliorano la loro salute psico-fisica.

Non permettetegli di stare in casa tutto il giorno davanti alla tv,pc o videogiochi, cercate di renderli partecipi di attività anche di gruppo che gli permettano di muoversi e sviluppare le loro capacità relazionali.
Questi sono semplici consigli che ho avuto il piacere di condividere con voi.
Ricordate che sarò ben felice di leggere i vostri pareri ogni qualvolta intendiate farlo.
Saluti :)
Giulia

14.11.12


Nitriti e nitrati

Campagna di sensibilizzazione contro i nitriti.

Ragazzi voglio parlarvi di Nitriti e nitrati non solo a difesa dei bambini a cui spesso presentiamo alimenti di cui non si riesce veramente a riconoscere la pericolosità, ma anche per divulgare un'importantissima campagna informativa per noi adulti. Ho sempre cercato di sensibilizzare famigliari,conoscenti e quante più persone potessi conoscere, questo perchè è un'argomento troppo poco trattato rispetto ad altri. Niente di meglio che approfittare del web per informare quante più persone possibili!
Prendetevi quindi alcuni minuti per leggere questo post, ne va della vostra salute !!!
Giulia
 

I nitriti (E249, E250) e i nitrati (E251, E252) sono sostanze naturalmente presenti negli alimenti animali, vegetali e nell'acqua.
Vengono aggiunti come additivi a insaccati, prosciutti, wurstel, carni in scatola e altri prodotti a base di carne, pesci marinati e a volte anche in prodotti caseari.

I nitriti e i nitrati vengono utilizzati per i seguenti motivi:

  • mantengono il colore rosso della carne;
  • favoriscono lo sviluppo dell'aroma agendo selettivamente nei confronti dei microorganismi che determinano la stagionatura dei salumi;
  • svolgono azione antimicrobica e antisettica, soprattutto nei confronti del botulino.

I nitriti e i nitrati non vengono usati come semplici conservanti, per il cui scopo il dosaggio sarebbe molto inferiore a quelli utilizzati, ma soprattutto come coadiuvante tecnologico per alterare artificialmente la qualità dei prodotti (soprattutto il colore delle carni). Paradossalmente, il consumatore vuole acquistare salumi cotti di colore rosa, il colore della carne cotta addizionata con nitriti. Qualunque produttore che non usasse nitriti dovrebbe proporre insaccati cotti di colore grigio, il colore naturale della carne cotta, andando fuori mercato!

Tossicità dei nitriti e dei nitrati

I nitriti in ambiente acido (soprattutto nello stomaco) si trasformano in acido nitroso il quale legandosi alle ammine da origine alle nitrosammine, composti dimostratesi cancerogeni.

Inoltre i nitriti si legano all'emoglobina ossidandola a metaemoglobina, riducendo quindi il trasporto di ossigeno ai tessuti. Questa circostanza è particolarmente pericolosa per i neonati (che assorbono una maggior quantità di nitriti), ai quali infatti non vengono somministrate verdure ricche di nitrati fino all'ottavo mese di vita.

Secondo l'AIRC (Ass. It. Ricerca sul Cancro) il consumo di insaccati con conservanti è una della cause accertate di cancro allo stomaco. Infatti nello stomaco si trova un ambiente acido molto favorevole alla formazione di nitrosammine.


 

I nitrati di per sè sono innocui, ma tendono a trasformarsi in nitriti dalla flora batterica della saliva, per poi ritornare nello stomaco, come vedremo, in natura esistono alimenti che contengono grandi quantità di nitrati, molti di più rispetto a quelli utilizzati negli insaccati.
Un nuovo studio della Columbia University di New York mostra che il consumo di insaccati conservati con nitriti può ridurre le funzioni respiratorie del 3%, una sensibile compromissione che potrebbe avere preoccupanti effetti in soggetti che presentano già patologie anche leggere come le bronchiti.
Lo studio ha interessato 7500 soggetti: il 20% non aveva mai mangiato insaccati conservati con nitriti, un altro 20% invece ne consumava almeno 14 volte al mese. Questi ultimi mostravano una significativa riduzione della capacità di espellere l'aria, al punto da far ipotizzare che il consumo di insaccati conservati con nitriti raddoppi il declino delle capacità polmonari.
Sembra che la causa di questo danno polmonare sia da imputare ai composti contenenti nitrogeni (nitriti e nitrati), usati nella preparazione degli insaccati, i quali, una volta ingeriti, attaccano e distruggono le proteine che contribuiscono all’elasticità dei polmoni.

Necessità dei nitriti e dei nitrati

I salumi sono stati prodotti per secoli utilizzando solo conservanti naturali: sale, pepe, peperoncino, spezie, fumo.
Il nitrato, o salnitro, è da sempre utilizzato nella conservazione dei salumi, infatti il salnitro sottoforma di efflorescenze in ambienti umidi, cantine, grotte, stalle, dove è possibile l'azione dei batteri nitrificanti.
Purtroppo dal dopoguerra in poi si è diffusa talmente tanto la pratica dell'utilizzo dei nitriti che alla domanda "perché usate nitriti?" persino molti laboratori artigianali rispondono che altrimenti sarebbe impossibile commercializzare il prodotto.

Evidentemente non è così, perché andando a cercare bene si scopre che esistono piccoli produttori che commercializzano salumi senza conservanti non solo nel loro punto vendita, ma anche inviandoli in tutta Italia o addirittura all'estero senza problemi di conservazione.
Le motivazioni sull'uso di nitriti, quindi, risiedono solamente nella sicurezza per il produttore e nel vantaggio economico di avere sempre un prodotto di colore standard anche dopo mesi o dopo una conservazione non ottimale. Per esempio, i nitriti consentono di produrre salumi utilizzando scarti di lavorazione, come le rifilature dei prosciutti, acquistati da diversi salumifici. Le condizioni igieniche di queste materie prime costringono all'uso di nitriti, poiché il rischio di contaminazione batterica è molto alto. Se invece il norcino lavora intere mezzene, magari allevate nella stessa azienda in cui avviene la macellazione, i nitriti non servono... E anche la qualità sarà superiore, perché nella mezzena ci sono anche i tagli di qualità superiore, nelle rifilature no! Un motivo in più per scegliere prodotti senza nitriti!

Nitriti e nitrati in natura e negli alimenti conservati

Gli alimenti che contengono più nitriti e nitrati in assoluto sono le bietole e il sedano, seguiti dalle rape e dagli spinaci.
Il contenuto in nitrati è elevato (fino a 2700 mg per kg di prodotto), mentre il contenuto di nitriti è abbastanza basso (6 mg per kg per le bietole, 2,7 per gli spinaci, meno di 1 mg per kg per gli altri vegetali). Da notare che gli alimenti contenenti molti nitrati contengono anche molta vitamina C, che scongiura il pericolo che essi vengano trasformati in nitrosammine. Come spesso accade, la natura neutralizza da sola le sostanze potenzialmente pericolose.
La legge consente l'aggiunta negli alimenti di un quantitativo massimo di nitriti pari a 150 mg per kg di prodotto, 25 volte quella massima presente nei vegetali.
Mangiare 1 kg di salume conservato con nitrati e vitamina C equivale a mangiare 100 g di bietole, dal punto di vista dell'ingestione di nitrati: dunque non ha senso demonizzare i salumi conservati con tale metodo.
I salumi conservati con nitriti, invece, andrebbero evitati. Conoscendo le quantità utilizzate si potrebbe discriminare tra salume e salume, in base al contenuto effettivo di nitriti, ma purtroppo attualmente nessuno lo fa.

Il mio consiglio amici è cercare di consumare prodotti freschi e genuini fatti da produttori locali, che si occupano di allevamento e macellazione diretti. Come citato salumi e carni preconfezionate sono ricchi di nitriti e nitrati e anche i prodotti secondari come tortellini o prodotti da forno confezionati arricchiti con carni e salumi non sono da trascurare.
Spero l'articolo sia stato di vostro gradimento, l'importante è venire informati, poi a voi le vostre considerazioni!
saluti!
Giulia
I conservanti alimentari
 
I conservanti sono utilizzati per migliorare la conservazione degli alimenti, impedendone o rallentandone il deterioramento, ed aumentando di riflesso i tempi di commestibilità del prodotto.
Il deterioramento può essere causato da fattori chimici, fisici e/o microbiologici.
Non tutte le alterazioni causate da
microrganismi (batteri, funghi o lieviti, muffe) sono da considerarsi dannose, poiché esistono dei processi, innescati da alcuni microrganismi, utili per conferire una determinata fragranza o un determinato sapore al prodotto (come per esempio le fasi di maturazione del vino e/o dei formaggi).
 
I conservanti proteggono l'alimento principalmente dall'azione di batteri, funghi e muffe. La preoccupazione più grande per il consumatore è quella di acquistare cibi andati a male o divenuti tossici per effetto dei microrganismi presenti all'interno, o per la presenza delle loro tossine (sostanze velenose che possono essere letali per l'uomo).
Per cercare di evitare che questo accada, contro ogni tipo di microrganismo esiste un conservante specifico che ha lo scopo di proteggere l'alimento. È proprio per questo motivo che spesso nei prodotti alimentari si impiegano simultaneamente più conservanti.
Quando ad un alimento si aggiungono contemporaneamente più conservanti, il dosaggio massimo degli stessi diminuisce in base al numero dei conservanti impiegati, cioè: quando si utilizzano due conservanti insieme, il dosaggio massimo consentito negli alimenti si dimezza per ciascuna sostanza; se invece se e ne utilizzato tre, il valore viene frazionato in tre.

Appartengono alla categoria dei conservanti:
  • gli antimicrobici: servono per limitare ed ostacolare lo sviluppo della flora batterica, che si formerebbe nell'alimento provocando alterazioni del prodotto;
  • sostanze che sono destinate ad altri usi, ma che presentano comunque un'azione conservante;
  • gli antiossidanti: sono sostanze che prolungano il periodo di conservazione dell'alimento impedendone il deterioramento causato dai processi ossidativi (come per esempio l'irrancidimento dei grassi o cambiamenti di colore). Gli antiossidanti vengono inseriti nella categoria dei conservanti perché ostacolano l'azione dell'ossigeno a contatto con il prodotto; insieme ai regolatori di acidità sono rappresentati in etichetta con la dicitura "E" seguita da un numero che va da 300 a 399.
I conservanti devono essere riportati in etichetta come qualsiasi altro additivo (solitamente sono riportati in fondo alle etichette per via della loro ridotta percentuale di concentrazione); quelli propriamente detti, vengono contrassegnati dalla lettera E seguita da 3 cifre comprese fra 200 e 299, oppure direttamente con il nome stesso del conservante.
All'interno di questa numerazione, i conservanti vengono suddivisi ulteriormente in 9 macrogruppi riportati qui di seguito:
  • SORBATI, da E200-209
  • BENZOATI, da E210-219
  • SOLFURI, Da E220-229
  • FENOLI E FORMIATI, da E230-239
  • NITRATI
  • ACETATI
  • LATTATI
  • PROPIONATI
  • ALTRI

I conservanti alimentari antimicrobici vengono a loro volta suddivisi in :
  • conservanti alimentari innocui
  • conservanti alimentari accettabili
  • conservanti alimentari da riservare al trattamento in superficie dei prodotti.
- Tra i conservanti alimentari innocui si possono citare solo l'acido sorbico (anche come sorbato di potassio o di sodio) con effetto antibatterico e antifungino; il propionato di potassio (azione antimuffa); il propionato di calcio usato per contrastare la crescita di batteri e muffe nel pane.
- Poiché pochi sono i conservanti alimentari veramente innocui, si ricorre alla denominazione di conservanti alimentari accettabili per indicare sostanze il cui uso può avere effetti indesiderati se si superano determinati limiti, tra questi ricordiamo: l'acido benzoico; i benzoati di sodio, potassio, calcio; l'aldeide formica; l'anidride solforosa.
- Infine tra i composti destinati al solo trattamento in superficie si citerà il difenile, molto impiegato per la conservazione di alcuni frutti freschi, il quale può, attraversando la buccia dei frutti, diffondersi nella polpa ed è tossico a concentrazioni elevate.
 I conservanti alimentari cosiddetti secondari comprendono sostanze impiegate primariamente ad altro scopo: miglioramento del colore del prodotto (per esempio, nitriti e nitrati impiegati nelle carni), mantenimento delle condizioni di equilibrio acido-basico (acido acetico, acetati), ostacolo all'instaurazione di fenomeni ossidativi e fermentativi.
In particolare, i nitrati e i nitriti sono convertiti, dall'organismo che li consuma insieme al prodotto, in nitrosoamine, risultate spesso implicate nei processi potenzialmente cancerogeni. Di seguito, ecco in sintesi i conservanti ritenuti nocivi e quelli innoqui:

Conservanti nocivi

Acido benzoico e suoi sali (E210, E211, E212, E213): sono usati da soli o insieme all'acido sorbico e ai PHB. Non sono ammessi in alcuni paesi per la loro potenziale tossicità, inoltre gli alimenti ai quali vengono aggiunti sono soprattutto le confetture, le gelatine, le marmellate, le gomme da masticare e le bevande analcoliche, tutti prodotti che non necessitano di conservanti., Anche gli esteri dell'acido p-Idrossibenzoico (E214, E215, E216, E217, E218, E219), indicati con la siglia PHB, sono vietati in alcuni paesi. Vengono addizionati ai patè, ai rivestimenti di gelatina dei prodotti a base di carne, alla frutta in guscio ricoperta.
I derivati dell'anidride solforosa (E220, E221, E222, E223, E224, E226, E227, E228) sono irritanti e hanno una tossicità acuta e cronica, per esempio interagiscono con gli enzimi cellulari e distruggono alcune vitamine (per esempio la tiamina). Vengono usati nel vino, nella birra (anche per questo bisogna moderarne il consumo, non solo per l'alcol) e in altre bevande come i succhi di frutta, nella senape e in altri condimenti. I derivati fenolici e il tiabendazolo (E230, E231, E232 , E233) sono dotati di una certa tossicità, infatti sono proibiti in Australia. Vengono utilizzati per il trattamento superficiale degli agrumi e delle banane (per questo bisognerebbe usare solo la scorza delle arance non trattate).
La netamicina (E235), un antibiotico utilizzato sulla superficie dei formaggi, (soprattutto dei provoloni) provoca problemi intestinali.
I nitriti (E249 ed E250) e i nitrati (E251 ed E252) sono utilizzati nei salumi e nelle carni conservate, sono da trattare a se perchè ritenuti cancerogeni.

Conservanti innocui

Sono i sorbati (E 200, E202, E203), l'acido acetico e i suoi sali di potassio (E260, E261, E262, E263), l'acido lattico e i suoi sali di sodio (E270, E325, E326, E327), l'acido propionico e i suoi sali (E280, E281, E282, E283), l'anidride carbonica (E 290).   
  




13.11.12

Lista nera dei coloranti artificiali dannosi per i bambini
Alcuni coloranti sono dannosi per la salute dei bambini e va esplicitamente indicato in etichetta. 
E’ quanto prescrive l’EFSA che si è occupata di riesaminare tutti gli additivi chimici contenuti negli alimenti e, quindi, anche i coloranti, e per alcune sostanze scatta addirittura il divieto di utilizzo.
Gli alimenti contenenti uno o più dei seguenti coloranti alimentari:

Sunset yellow (E 110) [*]
Giallo di chinolina (E 104) [*]
Carmoisina (E 122) [*]
Rosso allura (E 129) [*]
Tartrazine (E 102) [*]
Ponceau 4R (E 124) [*]

devono riportare la seguente denominazione: "denominazione o numero E del colorante/dei coloranti: può influire negativamente sull'attività e l'attenzione dei bambini".
Ad eccezione degli alimenti in cui il colorante è stato utilizzato per la marcatura a fini sanitari o di altro tipo su prodotti a base di carne o per la stampigliatura o la colorazione decorativa dei gusci d'uovo.
NOTE: in persone sensibili - come bambini e soggetti predisposti perché allergici, intolleranti o già sofferenti di asma, orticaria o rinite - la tartrazina e gli altri coloranti azoici

Giallo Tramonto (E 110), Carmoisina (E 122), Amaranto (E 123), Ponceau 4R (E 124), Rosso Allura AC (E 129), Nero Brillante BN (E 151), Marrone FK (E 154), Marrone HT (E 155) e Litolrubina BK (E 180)

possono causare attacchi asmatici, orticaria ed episodi di rinite. La prevalenza di intolleranza alla Tartrazina attualmente stimata è inferiore allo 0,12% nella popolazione generale (JECFA 2007), ma come anticipato è abbastanza comune nei soggetti allergici.
Le diete che eliminano la tartrazina e gli altri coloranti azoici, possono quindi risultare benefiche per i pazienti sensibili che soffrono di orticaria, asma ed eczema.
Una quantità di studi in continuo aumento ha confermato un collegamento tra l'ingestione di coloranti azoici e sindrome da deficit dell'attenzione ed iperattività.

Colorante E 128 Rosso 2G

Per quanto riguarda il colorante E 128 Rosso 2G L'EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha concluso che - poiché il colorante si metabolizza rapidamente e ampiamente in anilina, ed essendo questa considerata una sostanza cancerogena per la quale non è possibile escludere un meccanismo genotossico - sarebbe prudente considerarlo come preoccupante per la sicurezza. L'Agenzia ha quindi ritirato la DGA (dose giornaliera ammissibile) per il colorante alimentare E 128 Rosso 2G.

12.11.12

Tartufi al cioccolato
Buona sera amici! so che fino ad ora abbiamo parlato di alimentazione e cibi genuini per i nostri piccoli, ma da inguaribile golosona non ho saputo resistere dal mettere la ricetta degli amati tartufi al cioccolato!!!
Se è vero che non possiamo mangiarli tutti i giorni, (sarebbe un sogno...) ma solo occasionalmente, è altrettanto vero che ho cercato di trovare una compromesso per proporli come sfiziosità a grandi e piccini...
il compromesso sarebbe che questi tartufi sono senza lattosio, senza uova, senza sale, senza soia, senza lievito e soprattutto adatti a coloro che soffrono di celiachia!
Dunque non mi resta che augurarvi buon lavoro...e ricordate che se siete in compagnia dei vostri piccoli, potete farvi aiutare a formare le palline... ne sarebbero sicuramente molto felici!!! Dolci saluti
Giulia

INGREDIENTI PER CIRCA 25 TARTUFI:

250 gr di cioccolato fondente 70%
100 ml di panna liquida per dolci (io ho preso quella vegetale)
20 gr di zucchero
20 gr di cacao amaro in polvere
20 gr di zucchero a velo
una noce di burro o margarina

Preparazione:
Mettere in un pentolino la panna, lo zucchero ed il burro e fateli amalgamare per bene. Quando la panna risulta senza grumi e calda togliete il pentolino dal fuoco e spezzettateci dentro il cioccolato. Girate continuamente fin quando il cioccolato non sarà completamente sciolto ed il composto risulterà liscio e compatto.

Coprite il pentolino con un foglio di carta stagnola e mettetelo in frigo per almeno 12 ore.

Quando tirerete il contenitore fuori dal frigo il composto risulterà particolarmente duro:non spaventatevi! A questo punto dovrete staccare delle piccole quantità di pasta al cacao con un cucchiaio e con queste formare delle palline, riscaldandole e modellandole con le mani.

Quando avrete formato tutte le palline, mischiate il cacao amaro in polvere e lo zucchero a velo, spargeteli in un piatto piano e fateci rotolare sopra le palline. Ricopritele bene! Otterrete così i tartufi, a questo punto sistemateli in un contenitore e metteteli in frigo per farli rassodare.

11.11.12

Allergie e intolleranze alimentari
"Ho deciso di affrontare il tema di allergie ed intolleranze alimentari in quanto argomento assai importante, poiché può condizionare non solo le nostre abitudini alimentari ma anche il nostro stile di vita, (di grandi e piccini).
Essendo sempre più diffuse e sentendomi coinvolta personalmente (sono nata con l'intolleranza al lattosio) ho cercato di raccogliere quante più informazioni a riguardo sono riuscita a trovare.
Spero che l'articolo sia per voi interessante!! "
Giulia
 
Si parla di allergia alimentare quando l'organismo reagisce in modo anomalo ad un alimento. In questa reazione viene coinvolto il sistema immunitario che, attraverso la formazione di anticorpi specifici (chiamati IgE ), ha il compito di difendere l'organismo da ogni pericoloso invasore, solitamente batteri e virus.
In questo caso, per motivi ancora sconosciuti, l'organismo produce anticorpi nei confronti di alcuni alimenti che sono innocui per la maggior parte delle persone. La formazione di anticorpi avviene alla prima ingestione dell'alimento; in occasione di una successiva esposizione, a seguito della reazione fra l'alimento ''allergenico'' e l'anticorpo, si libera una sostanza, l'istamina, che è la principale responsabile dei sintomi caratteristici di tutte le reazioni allergiche.
Il termine allergia alimentare è spesso usato in modo improprio anche quando sarebbe più opportuno parlare di intolleranza alimentare. In questi casi infatti non si tratta di una vera allergia poiché il sistema immunitario non viene coinvolto.
Le allergie alimentari sono più frequenti in età infantile: alcune, come l'allergia alle uova e al latte, si attenuano col passare del tempo, talvolta fino a scomparire del tutto.

Come si manifestano?

Le allergie alimentari possono manifestarsi immediatamente dopo l'ingestione dell'alimento incriminato, a volte anche in modo violento. I sintomi di una intolleranza alimentare invece possono comparire anche a distanza di ore, in casi rari anche dopo alcuni giorni, il che rende più difficile riconoscerla e metterla in relazione con il cibo.
I sintomi variano quanto a rapidità e ad intensità a seconda della qualità e la quantità del cibo ingerito.
Quando il cibo ''incriminato'' viene portato alla bocca e deglutito, può provocare immediatamente prurito e gonfiore alle labbra, al palato e alla gola; una volta nello stomaco e nell'intestino, può provocare nausea, vomito, crampi, gonfiori addominali, flatulenza, diarrea.
Al di fuori dell'apparato gastrointestinale, sono frequenti le reazioni cutanee come orticaria e angioedema (un gonfiore molto pronunciato e localizzato soprattutto attorno agli occhi e alle labbra) . Nei bambini si hanno più spesso sintomi a carico dell'apparato respiratorio (asma e rinite) e gli eczemi possono peggiorare.
Nei casi più gravi, fortunatamente rari, si possono avere difficoltà respiratorie, brusche cadute di pressione arteriosa, perdita di coscienza e persino morte. In questi casi si parla di shock anafilattico, che compare entro un'ora dall'ingestione dell'allergene e che richiede sempre un ricovero ospedaliero urgente.

Quali sono le cause?

Nel caso delle allergie vere e proprie, la causa è semplice e va ricercata in una reazione anomala del sistema immunitario. Fra gli alimenti più frequentemente coinvolti vi sono uova, crostacei, pesce, nocciole ed arachidi che possono causare reazioni allergiche immediate fino all'anafilassi.
L'allergia alle arachidi, molto diffusa in America, dove si fa un largo uso di semi e di burro di arachidi, è all'origine della proposta, alle compagnie aeree statunitensi, di abolire il consumo di noccioline a bordo.
Le cause delle intolleranze alimentari possono essere varie:
  • assunzione di alimenti che, con meccanismo ignoto, inducono liberazione di istamina nell'organismo e possono provocare orticaria: fra questi soprattutto cioccolato, fragole, ananas, frutti esotici, crostacei, albume d'uovo, formaggi fermentati, cavoli, pomodori, spinaci, spezie;
  • ingestione di alimenti contenenti, per loro natura, elevate quantità di istamina come sarde, tonno, aringhe, sgombri, salmone, crostacei, alcuni formaggi (gorgonzola, emmental, camembert), salsicce, salame, coppa, pomodori, peperoni, banane, spinaci, alcuni vini (sia bianchi che rossi ), birra ecc. Anche questi alimenti possono dare luogo a orticaria;
  • In questi due casi si parla anche di PSEUDOALLERGIE perché tutti gli alimenti sopra indicati, assunti in grandi quantità, possono provocare sintomi simili a quelli di un'allergia vera e propria, in quanto si viene a determinare nell'organismo un eccesso di istamina. Si tratta comunque di casi in cui l'eliminazione dell'alimento incriminato non è tassativa: a meno che la sua ingestione non provochi reazioni molto gravi, basterà limitarne il consumo.
  • deficit enzimatici ossia l'assenza di particolari sostanze, detti enzimi, di cui l'organismo ha bisogno per assimilare gli alimenti. Alcune persone sono prive fin dalla nascita di alcuni di questi enzimi e quindi non riescono ad assimilare e/o metabolizzare determinati alimenti o sostanze. Esempi ne sono l'alactasia, il favismo e la fenilchetonuria.
Infine, sono implicati frequentemente in reazioni allergiche o di intolleranza anche particolari sostanze o additivi contenuti negli alimenti, ad esempio:
  • salicilati naturalmente presenti in alcuni alimenti (frutta secca, frutti di bosco, arance, albicocche, uva, olive, erbe aromatiche, vini, liquori). Possono essere causa di forme di orticaria cronica.
  • il giallo-tartrazina (E102), colorante che conferisce agli alimenti un piacevole colore giallo limone, presente in diverse bevande, sottaceti, salse confezionate, maionese, minestre in scatola, budini. Può essere causa di orticaria cronica e asma.
  • anidride solforosa (E220) che si può trovare in marmellate, succhi di frutta, vini e in macedonie e insalate trattate nei ristoranti con spray per mantenere un aspetto fresco.
  • solfiti, metabisolfiti, bisolfiti (E221,E222,E223,E224 ,E225,E226,E227) presenti nei prodotti preconfezionati a scopo conservante e antiossidante, pericolosi soprattutto per le persone asmatiche.
  • glutammati (E620,E621,E622,E623) che si trovano soprattutto nei croccantini al formaggio, patatine, ketchup, sughi pronti, riso e pasta liofilizzati, funghi secchi, insaccati, dadi per cucinare. Vengono addizionati molto spesso ai cibi per esaltarne il sapore ma possono anche essere presenti naturalmente in alcuni alimenti. La cucina cinese, ad esempio, utilizza grandi quantità di glutammato e la reazione che può far seguito all'ingestione di cibo contenente glutammato (malessere generale, mal di testa, arrossamento del viso) viene anche detta ''sindrome da ristorante cinese''.
  • i nitrati addizionati agli insaccati e alle carni in scatola e la tiramina componente naturale di alcuni cibi come formaggi, cioccolato, banane, possono provocare emicranie anche a distanza di ore.
Fra le varie allergie alimentari non si può tralasciare di menzionare quella alle proteine del latte. L'allergene in questione è rappresentato dalla frazione proteica del latte, in particolare la lattoglobulina. Può comparire durante i primi 3 mesi di vita o più tardivamente fra i 6 e i 18 mesi. In quest'ultimo caso si tratta prevalentemente di una difettosa risposta della mucosa gastrointestinale (enteropatia) alle proteine del latte, in cui non intervengono gli anticorpi.
Ci sono casi di intolleranza sia al latte vaccino che al latte artificiale. Le manifestazioni cliniche sono varie: fra le più frequenti la dermatite atopica, i sintomi respiratori, il vomito persistente, la diarrea, le coliche intestinali.
La soluzione in questi casi può essere trovata spesso grazie alla disponibilità in commercio di tanti latti artificiali ''speciali'' come quelli ipoallergenici (contraddistinti in genere dalla sigla HA dove HA sta per hypoallergenic), preparati con proteine già frammentate quindi molto più digeribili e tollerabili, o quelli a base di proteine di soia. In alcuni bambini, tuttavia, queste alternative possono risultare a loro volta scarsamente tollerate.
Un capitolo a parte va dedicato alla celiachia o morbo celiaco, difficilmente classificabile fra le comuni allergie o intolleranze in quanto coinvolge fortemente il sistema immunitario, senza però chiamare in causa le IgE. In pratica si tratta di un'intolleranza permanente al glutine, proteina presente nei cereali come grano, segale, avena, orzo, farro. Il glutine contenuto nel riso, nel mais, nella fecola di patate o nella tapioca non è pericoloso e pertanto questi alimenti possono essere assunti anche dai pazienti celiaci. Il glutine causa nell'intestino una vera e propria reazione tossica che comporta una profonda alterazione delle pareti intestinali e di conseguenza una compromissione dell'assorbimento del cibo e dello stato nutrizionale del paziente. In questi casi è indispensabile utilizzare alimenti privi di glutine, in commercio contraddistinti dal seguente simbolo:
Perchè le allergie e le intolleranze sono sempre diffuse

Uno dei motivi risiede nel fatto che oggi la diagnosi è più precisa e precoce, rispetto ad un tempo. Ciò consente di identificare un maggior numero di allergie i cui disturbi un tempo venivano facilmente confusi con altri.
Una seconda spiegazione chiama in causa il nostro stile di vita e, in particolare, le abitudini alimentari. Infatti si ricorre ormai diffusamente ad additivi alimentari (coloranti, conservanti, esaltatori del gusto, aromi naturali ed artificiali) che sono tutti potenziali allergeni; sulle nostre tavole inoltre arriva una grande varietà di frutta e verdura proveniente da tutto il mondo, il cui consumo non è più limitato alle sole stagioni naturali, favorendo così il contatto con un numero sempre maggiore di sostanze potenzialmente allergizzanti.
Infine è in diminuzione il numero delle madri che allattano al seno e questo provoca un aumento dei neonati allergici al latte vaccino.

 
Consigli per convivere con un'allergia alimentare

  • Cercare di escludere dalla propria dieta l'alimento o gli alimenti responsabili una volta individuati con l'aiuto dell'allergologo. Il dietologo può aiutare a formulare una dieta che supplisca eventuali carenze.
  • Abituarsi a leggere attentamente gli ingredienti di tutti i cibi confezionati e usare particolare cautela nel consumare ''piatti pronti'' di cui non si conosce esattamente il contenuto.
  • Attenzione alle ''allergie crociate'': pazienti allergici al polline presentano a volte allergie nei confronti di particolari alimenti. Così, chi è allergico alla betulla potrebbe esserlo anche nei confronti della mela, della pesca e della ciliegia, chi è allergico all'ambrosia potrebbe manifestare sintomi mangiando meloni e banane. L'allergia ai finocchi può comportare allergia, anche se in misura diversa, alle altre Ombrellifere come il prezzemolo e la carota.
  • Al ristorante ricordarsi sempre di chiedere al cameriere informazioni sugli ingredienti usati.

10.11.12

Dolci e bibite zuccherate spingono i bambini all'alcolismo
 
Dolci, caramelle e bibite zuccherate sono gradevoli, ma possono rappresentare spie di problemi gravi di salute.
Tali alimenti possono nascondere una depressione presente in bambini o ragazzi o renderli prede più facili dell'alcolismo.
A sostenerlo, una ricerca del Monell Chemical Senses Center di Philadelphia (Usa), diretta dalla dottoressa Julie Mennella e pubblicata su "Addiction".
La Mennella, insieme alla sua squadra, ha osservato 300 bambini di età compresa tra i 5 e i 12 anni. Gli scienziati hanno così notato come i soggetti che avevano una storia di alcolismo in famiglia prediligevano gli alimenti molto zuccherati; inoltre, il 25% di essi mostrava chiari sintomi depressivi.
Per gli studiosi, lo zucchero offre le stesse gratificazioni al livello cerebrale dell'alcol; poiché allora il primo è in grado di "richiamare" il consumo, i bambini depressi possono essere attirati dal secondo nel tentativo di migliorare la propria situazione.
Spiega così la dottoressa Mennella: "Sappiamo che il sapore dolce è gratificante per tutti i bambini e li fa sentire bene. Inoltre, alcuni gruppi di bambini possono essere particolarmente attratti da una intensa dolcezza a causa della loro biologia di base. Può essere che i livelli ancora più elevati di dolcezza siano necessari per far sentire meglio i bambini depressi".
Tuttavia, le generalizzazioni sono sbagliate: come sottolinea il team di Philadelphia, un bambino amante dei dolci non si trasformerà automaticamente in un alcolizzato.
Ciò detto, la ricerca mostra comunque un qualche tipo di legame tra alimenti molto dolci e presenza dell'alcolismo in un nucleo famigliare.
Conclude così Julie Mennella: "A questo punto, non sappiamo se questo maggior 'punto di beatitudine' per i dolci sia un marker per l'uso di alcol in futuro"; per questo motivo, la dottoressa ha in programma ulteriori analisi sul tema.