19.11.12

Non mi piace, anzi ora mi piace!

Immaginate di entrare in una galleria d’arte e di trovarvi di fronte al quadro di un artista sconosciuto e originale. Lo guardate, ne restate colpiti e non riuscite a decidere se vi piace o no finché un altro visitatore, dall’aspetto simpatico, sorride ed esclama: “Bellissimo!”.
Il gusto dei bambini
, nella maggior parte dei casi, funziona esattamente così: per riuscire a “dare un nome” alla propria sensazione, i bimbi hanno bisogno di osservare la reazione degli altri. E se gli altri sono positivi, sereni e simpatici, questo li condizionerà.
La maggior parte dei nostri gusti non è innata, ma dipende dal contesto storico e sociale in cui viviamo e da tanti altri fattori che possiamo definire “culturali”. L’uomo è da sempre una specie straordinariamente adattabile ai sapori. Provate a pensarci: anche se nessuno di noi mangia tutto, l’essere umano, nel suo complesso, si nutre di mammiferi, uccelli, pesci, molluschi, crostacei, insetti, piante, funghi… poche specie possono vantare un ventaglio alimentare altrettanto ampio e forse proprio questa nostra capacità ci ha permesso di sopravvivere in ogni parte del pianeta. Il palato curioso e aperto alle novità è la chiave del nostro successo evolutivo.
Quando un bambino dice “non mi piace”, va contro la propria natura solo in apparenza. In realtà, nella maggior parte dei casi il suo rifiuto non ha nulla a che vedere col gusto. A volte è un bimbo che teme la novità e che cerca nel cibo la rassicurazione di ciò che già conosce. Altre volte può essere infastidito dal colore, dalla temperatura, dalla consistenza dell’alimento o può essere semplicemente raffreddato e quindi incapace di percepire i sapori. Molte volte, poi, il rifiuto è la conseguenza di un clima di tensione, del quale magari noi adulti non siamo consapevoli. In uno studio recente, condotto su un campione di famiglie, è emerso che mentre solo il 26% dei genitori intervistati ammetteva di fare pressioni a tavola, ben il 61% dei figli dichiarava di subirne :-).
Se per noi genitori i rifiuti a tavola sono motivo di preoccupazione, anche il bambino soffre del proprio rifiuto e non dice mai “no” a cuor leggero. Lui vorrebbe tanto sedersi a tavola con gioia e condividere ogni pietanza, ma proprio non ci riesce.
Per aiutarlo, dobbiamo insegnargli a prendere confidenza con il cibo usando la convivialità e i sensi come strumenti di esplorazione e conoscenza. Prima di tutto possiamo cucinare insieme, perché è "facendo" che i bambini imparano a conoscere il cibo. Centinaia di volte i bimbi cambiano idea su un ingrediente dopo averlo usato e avere visto altri apprezzare la ricetta.
Proviamo anche a lasciare da parte i giudizi (bello/brutto, buono/cattivo, ti piace/non ti piace) e a dare spazio alle parole più legate alle sensazioni fisiche ed emotive. Possiamo chiedere se un piatto è morbido o croccante, se è freddo o tiepido, possiamo parlare di colori, raccontare di un ricordo evocato da quel particolare profumo…
E possiamo sempre rassicurare il bambino dicendogli che i gusti cambiano, e che ciò che oggi non gli piace, domani potrebbe rivelarsi buono.

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