20.11.12

Bambini e cibo: il punto di vista pedagogico
Il rapporto tra i bambini ed il cibo è un argomento che può essere trattato da molteplici punti di vista: nutrizionali, psichici, emozionali, educativi e pure antropologici. L’atto del nutrirsi infatti investe molte sfere del nostro essere persone così come il rapporto che abbiamo con il cibo o il modo in cui stiamo a tavola possono raccontare molto della nostra personalità e della nostra storia familiare.
Questa piccola premessa serve per dire che il rapporto tra l’uomo e il cibo non è risolvibile con il semplice nesso bisogna mangiare per crescere/vivere, dunque cibarsi è il risultato di una molteplicità di fattori soprattutto di natura affettiva e relazionale.
Qui mi occuperò dell’evolversi del rapporto tra bambini e cibo dalla nascita fino ai 3 anni di vita e lo farò usando un taglio pedagogico, provando dunque a dare degli strumenti educativi adatti a rispondere ai bisogni di crescita dei bambini, puntando l’attenzione alla graduale autonomia che il bambino deve conquistare con l’aiuto degli adulti.

0-6/7 mesi
L’inizio del rapporto tra il neonato ed il cibo avviene sempre dentro una relazione fusionale con la madre, sia che il bambino venga allattato al seno, sia che si ricorra al biberon : il piacere del cibarsi nasce per il bambino tra le braccia amorevoli della sua mamma, insieme all’odore del suo corpo ed al battito del suo cuore, è dunque uno dei momenti di massima realizzazione per la costruzione del legame tra la mamma ed il bambino poiché lo aiuta a rivivere l’esperienza fusionale , e nello stesso tempo, lo sostiene nella sua piccola autonomia: proviamo a pensare come la suzione spontanea sia la prima manifestazione di autonomia del bambino, della sua avvenuta separazione; questo importante momento di complicità andrebbe proposto al bambino in un esclusività di relazione, cioè con la totale disponibilità a dedicarsi a lui.

La mamma dovrebbe concentrarsi sul comprendere i tempi del bambino per accompagnarlo gradualmente a vivere il cibarsi come una risposta della madre allo stimolo della fame del bambino e non come risposta ad altri bisogni (consolazione per qualsiasi motivo, coliche o altro); già con l’allattamento si può dare un messaggio positivo al bambino che è di una risposta pronta ad uno stimolo fisiologico.

 
> 12 mesi
L’introduzione delle prime pappe rappresenta un importante tappa di crescita per i bambino: può stare seduto nel seggiolone e guardare in viso chi gli offre del cibo; il primo incontro con cibi solidi rappresenta per il piccolo una grande novità e può non piacergli, abituato com’era all’assunzione del latte; è questo un momento delicatissimo dove l’adulto deve rappresentare la fiducia nel fatto che il bambino possa farcela ad assaggiare il nuovo cibo, accettando eventualmente i primi rifiuti e continuando in serenità a proporre il cibo solido.
L’adulto deve ricordare che il passaggio dal latte al cibo solido significa riconoscere che il bambino sta crescendo e nella sua crescita va sostenuto, dunque bisogna credere in lui e se non mangia la prima volta pensare che mangerà la prossima! Bisogna anche essere pronti a non offrire l’alternativa del latte che il bambino leggerà come un ripiego al fatto di non aver apprezzato la novità proposta e dunque lo avvertirà come un segnale di sfiducia.
E’ molto importante che la pappa venga proposta quando i bambini hanno veramente fame, né troppo prima né troppo dopo , poiché i bambini così piccoli non sono in grado di tollerare la frustrazione della pappa.
Se il bambino vuole toccare la pappa con le sue mani deve poterlo fare, così inizierà a familiarizzare con il cibo e sarà più propenso ad assaggiarlo. Sia che si tratti di pastina con il pomodoro o di formaggi morbidi o di frutta i bambini devono poter pasticciare con le mani e anche sporcarsi la faccia e la testa. Agli adulti tocca avere pazienza e comprendere che attraverso questo toccare il bambino si conferma voler essere sempre più protagonista della sua crescita.
Verso il 9-10 mese o poco dopo il bambino inizia a dimostrare interesse non solo per il cibo nel piatto ma anche per il cucchiaio con cui lo si imbocca e può succedere che rifiuti di essere imboccato volendo farlo da solo: non è ancora in grado ma ancora una volta la sua spinta ad essere autonomo va sostenuta, come?
Offrendo a lui un piatto con una porzione di cibo e un cucchiaino e nello stesso tempo avendo noi un piatto da cui proporgli cibo con un altro cucchiaino, accompagnando anche con parole incoraggianti i suoi tentativi; ci vuole molta pazienza e la consapevolezza che solo permettendo al bambino di crescere anche a tavola il suo rapporto con il cibo sarà sano, viceversa presi dalla preoccupazione di nutrirlo si finisce per trattarlo come un recipiente da riempire.
Certamente per agevolare la conquista delle abilità di coordinazione necessarie a portare il cucchiaio alla bocca, nei momenti di gioco gli si possono dare cucchiai e ciotole con cui esercitarsi.
Una nota importante riguarda la quantità di cibo da offrire ai bambini quando si propone loro di assaggiare un nuovo piatto: nel piatto va messa una piccola quantità così che i bambini non si sentano frustrati e inadeguati di fronte alla nuova proposta.
Inoltre nella proposta di nuovi sapori non dobbiamo dimenticare che i bambini capiscono benissimo se l’alimento a loro proposto è gradito o meno anche all’adulto, dunque nessuno stupore se a casa non vogliono il pesce che a voi non piace e magari al nido lo mangiano: i bambini ci dimostrano empatia anche in questo e vanno rispettati.
 
12-18 mesi
I bambini sono in grado di mangiare quasi tutti gli alimenti, dunque essi vanno proposti invitando il bambino ad assaggiare/scoprire la novità. La proposta dovrà essere graduale poiché, ogni genere di scoperta rappresenta per un bambino piccolo l’incontro con la realtà, poco conosciuta. L’accettazione o meno di nuovi cibi può essere direttamente proporzionale all’allargamento delle esperienze sociali e cognitive del bambino: cioè un bambino che frequenta il nido e può esplorare tanti materiali sarà più disponibile all’incontro con il nuovo cibo; sempre di più attraverso il cibo, il bambino infatti ci rappresenterà altri bisogni: a questa età il bambino può voler giocare con il cibo e sembrare poco interessato al nutrirsi, come ci si comporta?
• È importante che il bambino arrivi a tavola con un senso di vuoto, cioè di fame, e che l’adulto lo aiuti a riconoscere questa sensazione; dunque avere ritmi regolari nella proposta dei pasti ai bambini facilita il loro desiderio di mangiare al momento giusto, che è quello in cui ci si siede a tavola.

• È normale che un bambino fino anche ai 2 anni manipoli il cibo o giochi con l’acqua a tavola ma è altrettanto importante che gli adulti gli spieghino che a tavola si mangia e che dopo verrà data la possibilità di manipolare o travasare con pasta cruda, farina, acqua; dunque il bambino va incoraggiato a mangiare da solo, anche con le mani e gli va ritirato il piatto quando invece che mangiare il cibo viene utilizzato a chiaro scopo ludico (tipo rovesciare il contenuto del piatto sul tavolo o buttare i pezzetti a terra.

• Se il bambino insiste nel rovesciare il piatto o nel giocare con il cibo gli andrà riconosciuto, che non ha più fame e passare alla pietanza successiva o terminare il pasto. Senza rabbia né ansia gli si dirà “sembra proprio tu non abbia più fame, dunque porto via il piatto e ce ne andiamo di là a giocare”; in questo modo lo si aiuta anche a contestualizzare i momenti del pasto e quelli del gioco.
18-24 mesi
Se si è seguito il normale percorso di crescita del bambino, a questa età egli è in grado di mangiare a tavola con mamma e papà e la condivisione dei pasti con gli adulti rappresenta per lui un importante riconoscimento della sua graduale affermazione e indipendenza; a questa età si può pensare ad un menù familiare, cioè un menù uguale per tutti dove il bambino possa collocarsi nella relazione familiare come un essere in crescita; è importante che il menù sia unico poiché le scelte proposte al bambino gli attribuiscono un potere che non ha ancora e lo autorizzano a trasferire sul cibo altre richieste relazionali nei confronti dei genitori; che fare allora se quanto da noi proposto non viene mangiato dal bambino?Il consiglio è di evitare il piatto unico dai 12 mesi in avanti e di proporre gli alimenti separati, così che tra primo, secondo, contorno e frutta, ci sia la possibilità per il bambino di mangiare qualcosa.È vietato allora dare l’alternativa?
I divieti lasciano sempre il tempo che trovano e ogni genitore deve trovare la giusta misura nella relazione con i propri figli, però è vero che nei primi anni di vita sarebbe importante per i bambini accedere a tutta la gamma degli alimenti, riservando ad età più mature le scelte più selettive.
Va detto anche che il bambino attraversa una fase oppositiva poiché vuole affermarsi nella sua diversità dall’adulto; può darsi che rifiuti cibi che prima mangiava o che rifiuti le regole fin’ora condivise. Certamente il bambino in opposizione va ascoltato ma non assecondato in tutto, le regole dello stare a tavola devono rimanere così come il “menù della famiglia” che rappresenta anche un messaggio di solidità per il bambino che inizia a sentire i confini della propria persona allargarsi, cioè il bambino ha bisogno di collocare l’esperienza del suo crescere nei confini amorevoli e comprensivi ma saldi della sua famiglia.
2-3 anni
Il bambino ha acquisito notevoli abilità ed è bene che gli vengano riconosciute anche a casa; diamo per scontato che ormai svolga i pasti principali con la sua mamma ed il suo papà e che questi momenti rappresentino sempre più un’occasione dove celebrare le consuetudini familiari e consolidare le relazioni; sempre più i pasti diventano un momento conviviale, la colazione per augurarsi tutti una buona giornata (ognuno poi andrà nel suo luogo “sociale”, il lavoro, il nido, ecc) e la cena per raccontarsi tutti come la si è trascorsa.
In questo anno diventa fondamentale sostenere le conquiste di autonomia dei bambini rispetto all’utilizzo di stoviglie e posate ( già nei nidi spesso l’ultimo anno si propone ai bambini l’utilizzo di piatti di ceramica e di bicchieri di vetro), e dare loro la possibilità di servirsi da soli; anche stimolare il bambino a riconoscere la giusta quantità da servire nel proprio piatto è importante in relazione alla competenza di comprendere quanta fame abbia: serve sia a riconoscere le sensazioni di pieno/vuoto e mangiare il giusto per sentirsi sazi, inoltre è educativo nel senso ecologico del non sprecare il cibo.


Una piccola nota sulle regole e i tempi
Abbiamo detto fin dall’inizio come attraverso il cibo si definiscano i contenuti della relazione con il proprio bambino: all’adulto spetta il compito di ascoltare i bisogni di crescita del bambino e di dare risposte in senso affettivo ed educativo.
In entrambi i sensi perché il pasto sia un momento in cui il bambino si dedichi al piacere/dovere di nutrirsi sono necessarie alcune condizioni, che vanno create e sostenute dagli adulti e che hanno poi per i bambini molteplici implicazioni.

1. I bambini devono sedersi a tavola quando hanno fame, poiché questo li aiuta a riconoscere il loro sentirsi pieni/vuoti e desiderare di cibarsi; la regolarità nella proposta dei pasti (5 di solito) dà loro modo di anticipare la sensazione di vuoto/fame e di verbalizzare;

2. Mangiare a tavola per un bambino è fondamentale per aiutarlo a collocare la sua persona nello spazio e per dare significato alle esperienze: il pasto non deve essere “smembrato” in giro per la casa o consumato dove capita, poiché questo provoca un disordine mentale interno al bambino in crescita

3. Stare a tavola ha un tempo che deve essere circoscritto ed esplicitato dall’adulto, dunque dire ad un bambino “stai a tavola finchè hai finito”, anche con le migliori intenzioni, non lo aiuta poiché può farlo sentire frustrato, mentre rispettare le differenze velocità nel cibarsi può voler dire anche dare un tempo sufficiente al bambino più lento entro il quale il piatto sarà ritirato.

4. Il cibo non dovrebbe mai essere proposto per colmare altri bisogni: spesso quando i genitori vanno a prendere i bambini al nido dopo il pranzo o dopo la merenda propongono dell’altro cibo e si giustificano dicendo che il bambino lo divora: forse il bambino sta chiedendo altro all’adulto e offrirgli del cibo al posto di gioco/coccole/attenzioni, può indurlo nel tempo a utilizzare il cibo per colmare i propri vuoti.

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